Ha introdotto un originale linguaggio nel nostro cinema Pippo Mezzapesa, si potrebbe forse definire «l’anticommedia all’italiana», come a fare silenzio nel perenne chiacchiericcio che ci circonda.
Già nei suoi primi film aveva individuato tipi e comportamenti, delineando un tipo di essere umano ingenuo con un po’ di quella grazia appartenente ai santi di origine contadina (San Giovanni da Copertino, Filippo Neri) non fosse per una buona dose di testardaggine o di illusione.
Così è anche Il Bene mio dove il protagonista Elia, interpretato da Sergio Rubini dai tratti antichi, come scolpiti da vicende secolari esprime una semplicità di purezza atavica. Nel paese distrutto dal terremoto, evacuato da tempo, lui è rimasto l’unico abitante ostinatamente deciso a non lasciare la sua casa, rimasto a custodire la memoria di quelli che non ci sono più, come la moglie che restò sotto le macerie della scuola elementare.
Il silenzio assoluto risuona di assenze, di attività un tempo pulsanti: il bar, il biliardo, il cinema, la chiesa, dove trova rifugio una immigrata. Un amico e un tempo socio (Dino Abbrescia) porta su i turisti a vedere il paese fantasma, una collega della moglie gli porta viveri, mentre la natura continua a dare spettacolo con i suoi tramonti nella valle e su Elia pende la minaccia di essere portato via con la forza.
La delimitazione dello spazio, l’assenza di eventi eclatanti nel silenzio dell’abbandono (grazie alle soluzioni di sceneggiatura scritta con Antonella Gaeta e Massimo De Angelis), mettono via via a fuoco le macerie del nostro intero paese distrutto non solo dai tanti terremoti con un testimone deciso a mantenere in vita la memoria di tutti e il valore di alcuni sentimenti ormai tramontati come la fedeltà, l’amicizia, la dignità, l’ospitalità che ha fatto del Mediterraneo fin dall’antichità il luogo della civiltà rispetto alle usanze barbariche.
Senza dimenticare gli accenti, la lingua della tradizione che si mescolano al sorriso, un elemento che non manca nei film di Mezzapesa anche quando si muovono nelle terre più desolate.