Fatima Sharafeddine, autrice libanese di più di centoventi tra romanzi e albi per piccoli lettori e young adults, non ha dubbi. Tenere incollata a un libro la generazione digitale è operazione semplice, basta «agire al meglio come costruttori di storie, trattare temi di loro interesse, intercettare bisogni, paure e desideri. Come? Prendendosi cura della forma e dei contenuti e promuovendo l’amore per la lettura. Siamo noi stessi i modelli per i bambini che ci circondano». Una ricetta che si anima e si declina con ingredienti variabili, da speziare con parsimonia.
La scrittrice nata a Beirut nel 1966, sarà a Roma ospite della fiera Più libri più liberi presso la Nuvola di Fuksas (giovedì, ore 14,30 e poi anche l’8 dicembre), insieme all’illustratrice Loujaina Alassil e alla traduttrice Isabella Camera d’Afflitto, in un incontro coordinato da Angiola Codacci-Pisanelli Gentile, in veste di collaboratrice al progetto editoriale che vede protagonista Sharafeddine. A portare l’autrice in Italia, infatti, è la nuova collana di Gallucci, nata in tandem con Kalimat (editore dell’anno alla Bologna Children’s Book Fair), che prevede la pubblicazione di libri in italiano e arabo per favorire il dialogo tra i bambini del Mediterraneo e le loro diverse culture. Un’iniziativa da tenere d’occhio, stretti come siamo nella morsa del «decreto sicurezza» e dell’ossessione per lo «straniero». Fra le prime uscite della collana, oltre a Intorno a casa mia, Zia Osha, I miei piedi e Le mie mani, c’è anche un albo dedicato a Avicenna, il grande filosofo e medico dell’Islam medievale, la cui eco arriva ai giorni nostri.

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«Avicenna / Ibn Sina» è solo una parte di un progetto più ampio che presenta, in una serie di albi illustrati, «celebrità» del passato…
Ho deciso di cominciare questo ciclo dopo aver saputo che il tema «Scienze nella storia araba» era stato accantonato dai programmi scolastici. Mi ha scioccato e ho pensato che bambini e giovani adulti non sarebbero mai entrati in contatto con alcune stupende figure polivalenti della nostra storia. Il progetto «Sai chi sono?» è nato per colmare questa lacuna. Personalità come Avicenna, Ibn Rushd o Ibn Khaldoun sono alla radice di scienze e arti – medicina, astronomia, architettura, matematica, fisica, chimica, ecc… Hanno influenzato lo sviluppo di queste discipline in tutto il mondo. È fondamentale che tutti leggano qualcosa che li riguardi, in particolare i bambini, che stanno iniziando il loro percorso di vita.

Qual è la lezione che Avicenna può offrire ancora alle nuove generazioni?
Avicenna appartiene a un’epoca in cui le principali idee e scoperte si stavano sgretolando. Fu soprannominato «padre della medicina» per la rilevanza del suo contributo. Oggi diamo per scontate alcune conoscenze, come il fatto che la luce sia più veloce del suono, che le malattie possano diffondersi per contagio, o anche la necessità di ricorrere all’anestesia durante un intervento chirurgico, il rispetto per i bambini e l’interesse per la loro buona educazione. I giovani lettori del XXI secolo hanno perciò il diritto e il dovere di conoscere questo studioso universale e poliedrico, che influisce così tanto sulla loro vita quotidiana.

Quali sono stati i suoi esordi nella scrittura per ragazzi? Pensa che la letteratura per l’infanzia sia un genere a sé?
Ho sempre amato i libri per bambini e ne ho letti a bizzeffe ai miei figli. Sfortunatamente, tutto ciò che trovavo era in inglese e quel che era disponibile in arabo era scritto o tradotto male. Si trattava di prodotti editoriali a basso costo, con poca qualità. Dal momento che mi piaceva sia scrivere che inventare storie, ho deciso di compiere il grande passo e lanciarmi nel campo della letteratura per l’infanzia. Solo a carriera già avviata mi sono rivolta ai ragazzi più grandi. Il mercato presentava un gap enorme per quella categoria di lettori. Nei miei libri, gli argomenti sono tutti affrontati con sincerità e, per riuscirci, è fondamentale – almeno per me – aver vissuto l’esperienza in prima persona o aver fatto una ricerca rigorosa, così da potermene appropriare e scriverne. Il mio intento è mettere in movimento le emozioni dei miei lettori e farli riflettere. Le tecniche di scrittura per l’infanzia sono differenti da quelle per adulti. Con i più piccoli, la scrittura dovrebbe essere concisa e andare diretta al punto che si vuole toccare. Soprattutto, la storia dovrebbe creare curiosità e suspense, catturare le emozioni del bambino e intrattenerlo. È necessaria anche una certa consapevolezza del livello linguistico del proprio lettore; chi produce storie, poi, deve essere ben informato riguardo la psicologia dell’età evolutiva. Inoltre, le vicende che si narrano hanno a disposizione un numero limitato di parole. Quando invece ci si rivolge agli adulti, tutti questi fattori sono irrilevanti.

Cosa leggeva con assiduità da bambina e adolescente?
Mi piaceva una serie chiamata The Green Library, un adattamento delle fiabe di tutto il mondo. Ho letto le traduzioni di Ladybird e molti romanzi francesi (la mia educazione a scuola era in francese), fra cui Martine. Da adolescente, adoravo The successful, sulle biografie degli inventori. Sfortunatamente, non avevamo molta scelta nel campo dei romanzi per young adults in arabo e allora leggevo Gibran Khalil e Michael Naimi.

Nel corso di un’intervista, lei ha detto che la traduzione è una sfida, dal momento che bisogna sempre preservare l’«anima» dei personaggi di altre culture, non addomesticarli…
Credo che l’obiettivo di ogni traduzione sia creare una connessione fra culture, rispettandone le origini. Nella lingua di destinazione va trasmessa per intero un’atmosfera.

Quale ruolo rivestono la sua biografia e i ricordi d’infanzia nel procedere della scrittura?
Pesco molto dalla mia vita personale quando scrivo per bambini e giovani adulti. Abilmente, riutilizzo le mie risorse (ricordi, sentimenti, convinzioni, relazioni, paure, preoccupazioni, fermenti…) ricollocandole in nuove storie. L’uso di elementi simbolici è assai importante nella letteratura che si rivolge ai bambini.