«Il capo politico è Beppe Grillo», ha detto Davide Casaleggio l’altra sera in tv ospite di Lilli Gruber, a disimpegnarsi dai temi più scottanti che riguardano il Movimento 5 Stelle. Eppure, la convention che si apre oggi a Ivrea ha inevitabilmente un significato politico.

«Sum. Capire il futuro» si tiene alla Officina H, auditorium ricavato dal cortile interno che un tempo era circondato dagli edifici industriali in stile razionalista della Olivetti. È qui, nella culla dell’informatica italiana, che Gianroberto Casaleggio ha sempre collocato l’immaginario dell’impresa avveniristica in grado di modellare la società. Visionario futurologo o integralista della logica d’azienda? Il babbo non ha mai sciolto l’ambiguità che adesso ricade sul figlio. Il quale ha invitato qui a Ivrea personaggi diversi, rigorosamente non politici di professione (quelli, soprattutto grillini ovviamente, saranno in platea).

I SALUTI SONO AFFIDATI al padrone di casa Beniamino de’ Liguori Carino, figlio di Laura Olivetti e presidente della Fondazione Adriano Olivetti. Ci saranno i magistrati: il procuratore capo di Milano Francesco Greco e il pm siciliano Sebastiano Ardita. Poi il direttore dell’Ispi Paolo Magri, segretario italiano della Commissione Trilateral che anima gli scenari cospirazionisti di molti grillini. Non mancano manager e imprenditori della new economy: Giampiero Lotito, creatore del motore di ricerca FacilityLive, figura assieme all’amministratore delegato di Google Italia, Fabio Vaccarono. Tra i giornalisti si segnalano il direttore del Tg La7 Enrico Mentana, Marco Travaglio del Fatto quotidiano e il conduttore de La Gabbia Gianluigi Paragone. E poi l’astronauta Paolo Nespoli, il manager dell’ospedale privato San Raffaele, Nicola Bedin. Due voci di sinistra: lo storico (e consigliori di Casaleggio) Aldo Giannuli e Carlo Freccero, eletto nel cda Rai col voto congiunto di M5S e Sel. Una sola relatrice donna: la psicologa Maria Rita Parsi.

LE RIPERCUSSIONI POLITICHE dell’evento sono confermate dalle polemiche attorno al debutto televisivo di Casaleggio Jr. Per il parlamentare grillino Davide Airola, quella cui ha partecipato il figlio di Gianroberto «è stata una delle trasmissioni più viste tra tutte quelle di approfondimento politico andate in onda nella settimana sia su La7 che sulle altre reti pubbliche e private». Per i detrattori è stato un flop con share sotto la media di Otto e Mezzo e al centoventesimo posto (su 169) nella classifica delle puntate più viste. L’analogia con gli eventi di altri partiti la suggerisce il senatore M5S Nicola Morra: «A voi una quotidianità che riposa sul banale perpetuarsi di quanto era, a noi la sfida di costruire il futuro, imparando da Ivrea. A voi il Lingotto, la Leopolda, Arcore e le cene eleganti, a noi la comunità in cui nessuno deve essere lasciato solo». «Abbiamo un Paese da cambiare, con un programma che guarda al futuro dell’Italia per i prossimi 20 anni», dice Luigi Di Maio annunciando la sua presenza da uditore.

Lo stesso Casaleggio, nella lettera al Corriere della sera con la quale ha presentato l’evento, non si è trattenuto dal dare una notizia squisitamente politica: «In autunno decideremo chi sarà il candidato premier del M5S». Quello del cenacolo di esperti e tecnici è un modello che ricorda la chiamata a raccolta dei saggi di cui da mesi si parla a proposito dell’agognato governo a 5 Stelle. Anche se la storia dice che il rapporto con gli indipendenti non è proprio idilliaco.

Il primo fu Stefano Rodotà, candidato al Quirinale per il post-Napolitano che mise in difficoltà il Pd non ancora renziano. Solo che pochi mesi dopo, Grillo non si trattenne dal liquidarlo, apostrofandolo «maestrino dalla penna rossa» e «ottuagenario miracolato dalla rete». Non è andato meglio con l’analista Consob Marcello Minenna e coll’urbanista Paolo Berdini, indipendenti di peso inghiottiti dalle paludi della giunta Raggi in Campidoglio. E lo stesso Domenico De Masi, sociologo del lavoro chiamato dal gruppo parlamentare come consulente sulla materia, ha detto chiaramente: «I 5 Stelle? Mi interessano ma non li voto, non offrono garanzie di alternativa al neoliberismo».