Nada Malanima non si è mai fermata. Sanremo non le bastava e così, per spiazzarci, ha scoperto – giovanissima – Piero Ciampi, il teatro, Dario Fo, Brecht. Poi è tornata al pop, ma alla sua maniera. Melodie orecchiabili sì, sovente un po’ malandrine mai sguaiate. Infine ha scoperto che il rock, quello sotterraneo meglio se proveniente dal fertile sottobosco indie di cui è diventata una sorta di musa, era l’ambiente giusto. Occupo poco spazio – registrato insieme a un ensemble di artisti in quota Afterhours, Baustelle, Calibro 35, Le luci della centrale elettrica, l’album pubblicato due anni fa, era stata una sorta di chiusura del cerchio. Oggi Nada riparte da se stessa. Eh, sì perché L’amore devi seguirlo, il nuovo lavoro in uscita il 15 gennaio su etichetta Santeria, distribuito da Audioglobe, copertina al solito minimale con un bel microfono da studio di registrazione in primo piano, è stato – tranne rare eccezioni – scritto prodotto, suonato e registrato da lei stessa.

«Sentivo l’urgenza – spiega la cantautrice toscana – di misurarmi con storie diverse che guardassero anche un po’ quello che succede intorno. E mi sono anche sorpresa perché non sono abituata a scrivere così. Tutto è iniziato dal singolo pubblicato prima dell’estate, Non sputarmi in faccia. Una canzone difficile, molto anni’ 50 e subito sono arrivate anche le altre. Avevo tante idee e ho cominciato a scrivere, senza fermarmi. Era tutto in testa, anche le frasi, le parti musicali, le introduzioni e i passaggi della ritmica. Una bassista mia amica mi ha spinto a osare, mi ha detto: ’perché mi chiedi di suonare? se hai un’idea precisa in testa fai da sola’».

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Da anni Nada macina chilometri e cavalca palchi passando da un club all’altro, e fa altre esperienze. Come quella all’interno di un laboratorio con ragazzi diversamente abili. Così è nato uno dei pezzi del disco, La canzone dell’amore, da oggi in rotazione sotto forma di video: «L’ho scritta di getto durante le tre giornate passate con loro. Abbiamo scelto un argomento, l’amore, e sono cominciate a uscire delle immagini, delle suggestioni e poi il brano che ha un’energia fortissima, la stessa che sentivo lì con loro». La paura dell’ignoto e anche del diverso, Nada la racconta in La bestia: «Non vogliamo mettere a rischio le nostre sicurezze, non vogliamo andare al di là del nostro bell’orticello».

Nada canta solo quello che le muove qualcosa nello stomaco. «Alzati all’alba guarda la faccia, la luna è già morta da un pezzo, le grida degli uomini, le orecchie assordate», recita l’incipit di Non conosci più, dove in un pianeta in disarmo i suoi abitanti vagano senza meta. «Una canzone fatta di sensazioni dalle immagini un po’ forti, magari metafore che raccontano la realtà che ci circonda. Questo non riuscire più a vedere, ascoltare e misurarsi l’uno con l’altro. Viviamo una realtà frenetica, certo la tecnologia ha fatto passi da gigante e ci ha aiutato sì, ma ha generato altrettanta confusione».

Gennaro, il protagonista di Aprite le città, «parla una lingua amara» e «ha fatto saltare la terra in aria», è un attentatore pasticcione: «È un povero Cristo, una sorta di capro espiatorio di un mondo che non si occupa di lui. Un uomo che fa degli errori, commette anche orrori certo, ma non è lui la causa è il mezzo utilizzato da qualcuno e qualcosa di molto più grande. Un sistema che non funziona e genera mostri, i giochi creativi della finanza che distruggono la vita dei risparmiatori…».

In questa manciata di canzoni vestite di pochi orpelli: «arrangiamenti scarni sì ma con tante cose dentro. Le ho elaborate con attenzione, e hanno bisogno di più di un ascolto…», Ballata triste è la cronaca dolente e affatto retorica di un femminicidio: «È un pezzo di cui vado molto orgogliosa. Non mi sono data un compito, non mi sono detta ’scrivo una canzone sul tema della violenza sulle donne’, è uscita spontaneamente. Non riesco a capacitarmi che alla soglia del 2020 accadano ancora tragedie simili…».

Dal 2003 Nada non si limita a incidere solo dischi, ha pubblicato anche tre libri: Le mie madri (2003), Il mio cuore umano (2008) La grande casa (2012) e ad aprile ne è atteso un altro: «Scrivere un romanzo è più semplice che scrivere dei testi, dove si è costretti a seguire la metrica e la successione delle note». Non compone per altri, si è fatta convincere solo da Ornella Vanoni: «Ha insistito, è venuta a trovarmi e mi ha detto che le piaceva il modo in cui lavoravo. Le ho dato un testo, Il bambino sperduto, che è finito nel suo ultimo album di inediti, Meticci. Ogni tanto qualcuno mi chiede di eseguirla in concerto». Dal vivo la ascolteremo in primavera: «Intanto aspetto, voglio far decantare bene i nuovi brani del disco..».