La tragedia greca evidentemente si addice alla ricerca contemporanea, se è vero che perfino il sapiente indovino di oscure antichità, può farsi modello e alter ego di un molto attuale percorso umano. Giorgina P. ha ripreso all’Angelo Mai il suo Tiresias, (parte di Resta te stessa raccolta poetica dell’inglese Kate Tempest, di cui la regista aveva già portato in scena Wasted) E può sembrare incredibile come un brano scritto da questa clamorosa autrice (oltre che scrittrice, poetessa, musicista e rapper) indossi perfettamente , sotto le sembianze di Tiresia, la biografia di un giovane intellettuale e rockettaro di oggi. A una consolle è piazzato infatti Gabriele Portoghese (uno dei migliori attori della nuova generazione), che grida, suda, manda vinili aggressivi, eppure ci induce nei meandri della sua psiche. Con i frammenti dei suoi versi, poetici, gutturali, visionari (nella traduzione di Riccardo Duranti) ma soprattutto acustici. È una progressione senza ritorno, se non per l’emozione e l’empatia che suscita. La complessità del mito di Tiresia (compongono il suo nome le lettere che scandiscono i long playing di questo percorso) naviga tra l’essere nato donna con tutti i condizionamenti e i gravami del caso, e di essersi risvegliato un giorno uomo, con ambigua quanto infallibile potenza di lettura e previsione del mondo, con tutto il dolore e i malesseri che questo comporta, per il vate misterico dell’antichità come per lo scatenato teenager di oggi, che di quelle verità paga il prezzo e il malessere. Una notevole prova d’attore, e una possibile zoomata sul teatro e la vita che verranno.