La guerra saudita in Yemen supera ogni limite posto dal diritto internazionale: senza copertura Onu, si autoriproduce con massacri di civili, bombe su fabbriche e fattorie, raid contro le strutture mediche. È proprio il numero di ospedali colpiti dalle bombe anti-Houthi a darne la misura: 130 le strutture sanitarie target dei raid. Tra queste 4 cliniche di Medici Senza Frontiere, come l’ospedale Shiara dove a gennaio sono morte 6 persone di cui 3 membri dello staff.

La scorsa settimana un’ambulanza di Msf è stata bombardata e l’organizzazione medica ha chiesto l’apertura di un’inchiesta indipendente internazionale. Perché in tutti i casi, precisano le associazioni in Yemen, ospedali e cliniche avevano comunicato più volte le proprie coordinate. Quando i sauditi colpiscono, sanno cosa distruggono. L’obiettivo – instabilità totale per intervenire liberamente – è raggiunto: il sistema sanitario yemenita è al collasso, la gente ha paura ad andare in ospedale.

E i raid proseguono: tra le ultime vittime, a Sana’a, il giudice Yahya Rubaid e 6 familiari, tra cui 3 nipoti. Aveva investigato sul presidente Hadi per tradimento. Impassibile il portavoce della coalizione a guida saudita: «Non colpiamo le case né le zone residenziali». Eppure Rubaid è morto nella sua abitazione.

Ora a sollevare seri dubbi sulla guerra saudita sono le Nazioni Unite: 51 pagine di rapporto inviato al Consiglio di Sicurezza da una commissione di esperti analizzano gli attacchi «vasti e sistematici» contro i civili e puntano il dito contro il ruolo della Gran Bretagna, nella vendita di armi a Riyadh el’invio di esperti militari.

L’Onu accusa la coalizione anti-Houthi, con alla mano almeno 119 casi documentati: colpiti campi profughi, matrimoni, autobus, abitazioni, scuole e ospedali, mercati e fabbriche.