Rompere il silenzio che ormai da mesi domina sulle morti nel Mediterraneo centrale. E’ con questo obiettivo che le ong tornano nelle acque di fronte alla Libia riprendendo così – questa volta con un’azione comune – le operazioni di salvataggio dei migranti.

A pochi giorni dalle accuse circa presunte irregolarità nello smaltimento di rifiuti contestate dalla procura di Catania alla nave Aquarius di Sos Mediterranée e Medici senza frontiere, tre organizzazioni umanitarie decidono che non è più possibile lasciare sguarnito un tratto di mare diventato ormai il più pericoloso del mondo. «Lo facciamo per garantire le operazioni di ricerca e soccorso dei migranti, difendere i diritti umani e denunciare la loro violazione», ha spiegato ieri la spagnola Proactiva Open Arm la cui nave, insieme a quelle della ong SeaWatch e della piattaforma Mediterranea, sta già facendo rotta verso le acque internazionali di fronte alla Libia.

L’annuncio della nuova missione arriva nello stesso giorno in cui l’Onu critica l’Italia per l’azione di criminalizzazione delle ong e per le conseguenze che potrebbero derivare per i migranti dall’approvazione del decreto sicurezza. «Il governo italiano tra gli altri – scrive un gruppo di esperti dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati – ha reso praticamente impossibile per le navi delle ong continuare a soccorrere i migranti: ciò ha portato a maggiori annegamenti e scomparse. Salvare vite umane non è un crimine, proteggere la dignità umana non è un crimine, atti di solidarietà e umanità non dovrebbero essere perseguiti».

Non è la prima volta che l’Onu interviene in difesa delle organizzazioni umanitarie. A luglio l’Alto commissario per i Diritti umani Michelle Bachelet ha definito «devastanti per persone già vulnerabili» la decisione di Roma di chiudere i porti. E subito dopo, a settembre, è stato l’Alto commissario per i rifugiati, l’italiano Filippo Grandi, a intervenire: «I salvataggi in mare vano fatti», ha spiegato. «La Guardia costiera fa un lavoro straordinario ma è chiaro che l’assenza delle ong ha fatto sì che la capacità di salvataggio sia diminuita». Tutto inutile.

Il trattamento riservato alle ong non è però l’unico aspetto della politica italiana sui migranti che preoccupa gli esperti Onu. Massima attenzione è rivolta anche al decreto sicurezza voluto dal ministro degli Interni Matteo Salvini e destinato molto probabilmente a diventare legge all’inizio della prossima settimana. «L’abolizione dello status di protezione umanitaria, l’esclusione dei richiedenti asilo dall’accesso ai centri di accoglienza incentrata sull’inclusione sociale, la durata prolungata della detenzione nei centri di espulsione e negli hotspot minano fondamentalmente i principi internazionali dei diritti umani e condurranno certamente a violazioni delle leggi internazionali», è scritto nel rapporto presentato ieri. La preoccupazione cresce se si considera che il provvedimento arriva in un momento in cui nel Paese è presente «un clima di odio e discriminazione, sia nei confronti dei migranti e di altre minoranze, sia nei confronti della società civile e dei privati che difendono i diritti dei migranti».

Le conclusioni a cui giungono gli esperti delle Nazioni unite dipingono scenari che definire preoccupanti è dir poco: le nuove misure rischiano di spingere i migranti nelle mani della criminalità visto che «molti non avranno mezzi per soddisfare i loro bisogni di base con metodi leciti».