Dimenticate lo Sherlock Holmes infallibile. Quello protagonista del film di Bill Condon, affidato al fascino di un grande attore come Ian McKellen, somiglia forse più allo Sherlock Holmes lisergico di Guy Ritchie (dove aveva l’aspetto sexystonato di Robert Downey jr.). Diciamo che questa è la sua versione invecchiata, fragile e svanito, con la memoria che si va pian piano spegnendo e il fisico che non regge stress troppo bruschi.

Holmes vive a casa di una vedova con figlio piccolo che naturalmente lo ha eletto a suo modello paterno (o nonno poco importa diciamo riferimento maschile) e lo aiuta nelle indagini. C’è infatti un mistero che tormenta Holmes, l’idea di qualcosa rimasto irrisolto in una vecchia indagine di tanti anni prima. Ma i fili della storia si sono ingarbugliati, i ricordi arrivano a tratti, frammenti, visioni, lampi di dettagli che nono trovano una sua composizione totale.

 

È uno strano film questo Holmes, che ci presenta l’eroe di Doyle da solo, senza il doppio Watson, e lontano da Londra, in una campagna sperduta, con l’ambizione di scrivere finalmente un libro sulla sua vita che sia diverso da quanto narrato fin là. Perché poi il mistero c’è e ci sono anche figure che riemergono da lontano ma senza colpi di scena, soluzioni eroicamente palesi. Holmes si affida più al caso, agli incontri, alle storie, a una narrazione sui cui si riflette obliquamente la leggenda. Curvo, sul suo bastoncino da ultranovantenne, Holmes insegue «il mistero del caso irrisolto» che appare nel sottotitolo italiano, quello di Ann Kelmot, una donna morta tanti anni prima tragicamente, che il marito gli aveva chiesto di pedinare. C’è un guanto che ritorna nelle visioni di Holmes, di cui la mamma del ragazzino si prende cura come un secondo figlio, preoccupandosi di sorvegliare il suo gusto per le droghe che non ha mai abbandonato nonostante l’età.

Poteva essere molto più affascinante questo film, specie nel suo processo di metastoria affidata allo stesso Holmes, che sembra voler smantellare l’immagine della sua leggenda– niente pipa ma sigarette, niente cappello… Solo che Condom non si sbilancia abbastanza, e lascia il suo Holmes in una sorta di limbo a tratta un po’ smielato. A cui nemmeno lo humor di McKellan riesce a resistere.