Una volta che una canzone è germinata, con quella forza di scaturigine sorgiva che non ammette rinvii, quella canzone non è quasi più di chi l’ha creata. È un grumo di idee appoggiate sulla musica che resterà, e continuerà a regalare a tutti gli altri le sue infinite iridescenze. Una canzone che sta nascendo è un oggetto delicato che richiede molta attenzione perché un’immagine che chiede di non essere dimenticata scalpita come un nascituro nel ventre di una futura madre. Perché quando poi sarà liberata nel mondo dovrà camminare sulle sue gambe, e fornire altre idee, altre scorte di poesia, altri dubbi, altri sorrisi alle persone. Gianmaria Testa era un artigiano attentissimo alla costruzione di una canzone. Sapeva che quelle creature strane che riempiono di gioia e di stupore lampeggiano per una frazione di secondo, e bisogna saperle accogliere.

POI SI TRATTA di scavare via tutto ciò che non è necessario, ridurle a una soglia di pudore in cui ogni singola parola non è sostituibile, e diventa rifugio estremo di voce di un persona , poi di mille persone. Gianmaria Testa se n’è andato circa tre anni fa, portandosi via il dono immenso di chi sapeva farsi orecchio attento a cogliere le vibrazioni della poesia e del racconto, e mano solida per costruirci attorno la musica. Chi scrive in questo modo non lascia tentativi, per dirla con Guccini «buoni ad ogni evenienza»: lascia schegge anche urticanti di senso che restano, che hanno saputo incamerare spicchi di futuro, hanno spiegato il presente meglio di un saggio ponderoso.

NON È UN CASO che da alcuni anni Giuseppe Cederna porti in giro uno spettacolo tratto dalle canzoni e dalle parole di Gianmaria Testa, Da questa parte del mare, sulle storie degli emigranti per forza, che ha ancora una valenza decisiva, nell’Italia del livore. E adesso arriva il dono, una mano gentile che apre la falegnameria delle parole e della musica di Testa e ci regala altre canzoni da amare. Undici canzoni che ri-costruiscono ancora una volta l’universo profondo e toccante di Gianmaria Testa. Si intitola Prezioso, ha in copertina una splendida immagine dell’amico di Gianmaria Valerio Berruti. Lo pubblica il 18 gennaio l’etichetta Incipit, distribuzione Egea, ed è stato fortemente voluto da Paola Farinetti moglie di Gianmaria e da Roberto Barillari, l’uomo che ha ripulito e lucidato i nastri ritrovati di Testa con vero amore.

PERCHÉ QUI si entra nel laboratorio del cantautore scrittore, ci sono spesso le tracce nude voce e chitarra. Ci troverete le canzoni che Testa aveva pensato per Paolo Rossi, Anche senza parlare, scritta per Mauro Ermanno Giovanardi, un duetto da brividi con la portoghese Bia Krieger, una versione da Brel, due affondi dallo spettacolo Italy con Battiston: Merica Merica, e X agosto di Giovanni Pascoli. Brilla, su tutto, incandescenza dell’inedito assoluto Povero tempo nostro: «Poveri questi giorni di magra umanità / che passa i giorni / e li sfinisce/ Lascia che torni il vento / e con il vento la tempesta / e fa che non sia per sempre/ il poco tempo che ci resta».