Buon modo, buonissimo, di cominciare il concerto-festa per il ventennale dell’Ensemble Dissonanzen di Napoli (e relativa associazione). Estratti «arbitrari», singolari, dal Concerto per pianoforte e orchestra di John Cage. Si ascolta il Cage più desolato e ascetico. E il Cage più pragmatico, l’uomo che agisce con i suoni. E il meno catalogabile. Suoni singoli isolati. Della tromba di Marco Sannini, del flauto di Tommaso Rossi. E del violino di Daniele Colombo che arriva come da lontano, perché è suonato in una sala attigua dell’incredibile Museo Nitsch, un labirinto a più strati con quadri sculture e installazioni a fare coreografia magnifica. I suoni si susseguono o si sovrappongono, tra loro e con la voce recitante del «lettore» Enzo Salomone che espone frammenti della cageana Lecture on nothing. Suoni «dal nulla» e «nel nulla», glissandi brevi ascendenti, poche note puntate ripetute, mini-scherzi di suoni disancorati. Tutto tenue, tutto con lunghissime pause tra un suono e l’altro.

Non si fanno salti di gioia per l’Hans Werner Henze dei Drei Tentos per chitarra, peraltro interpretati con bella souplesse da Marco Cappelli. Henze si è ribellato a suo tempo ai dettami di Darmstadt, e va bene, ma a che scopo? Per rinnovare una modernità classicheggiante pur sempre severa? La sua musica passa e va con noia.

Ben altro interesse e ben altro godimento con Franco Evangelisti. Prima di stufarsi irrimediabilmente del pentagramma e di fondare il miracoloso Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza, scriveva cose come Proporzioni, strutture per flauto solo (1958), un pezzo a moduli che si possono cambiare da un’esecuzione all’altra. L’interprete è la «guest star» della serata, Gianni Trovalusci. Ecco un Evangelisti razionalista eccitato, cioè capace di dare carica vitalistica («implicita», come nel cool jazz) alla disposizione estremamente calcolata dei suoni. Ma altre delizie sono a disposizione in questo concerto itinerante da una sala all’altra del Museo.

Dialodia per due flauti di Bruno Maderna, per esempio (Rossi e Trovalusci in coppia). Maderna convinto seguace della neoavanguardia e attirato dalla voluttà lirica come ape dal miele. Una sorpresa, un cadeau, teatral-musicale come Omaggio a Cole Porter, altro esempio. Ideato e messo in scena in quattro e quattr’otto dal pianista Francesco d’Errico (famose canzoni di Porter graziosamente, intelligentemente, variate e decorate) e dalla danzatrice Alessandra Petitti. Gran tipo questa Petitti. Si muove in un suo mondo di astrazione morbida, di ieraticità flessuosa, di gesti che associano il tono della quotidianità e quello dell’insensatezza.

Ciro Longobardi al pianoforte è rilassato nel suonare la prima e la terza delle Quattro illustrazioni sulle metamorfosi di Vishnu di Giacinto Scelsi. Una gradevolezza «jazzy», quasi. Questo Scelsi sembra addirittura un sodale di Cole Porter, il che non risulta da nessuna biografia. Rossi e Cappelli sono proprio acuti e arguti nel capire il Niccolò Castiglioni di Sic per flauto e chitarra (1992). Castiglioni o la versione giocosa/cordiale dell’avanguardia, Castiglioni un compositore che scopre una personalissima neoclassicità seriamente edonistica. Tocca all’immenso Morton Feldman di Durations 2 per violoncello e pianoforte (Marco Vitali e Longobardi), essenziale all’estremo, eseguito forse un po’ troppo morbidamente, introdurre il gran finale con tutto l’Ensemble impegnato in una improvvisazione totale.

Un po’ rigidi e scolastici i Dissonanzen sulle prime. Poi si lasciano suggestionare dalle belle forme astratte/languide del video elaborato da Andrea Pennisi e Paola Pagliuca e si sciolgono. Fino a sfociare nel clou: quando Longobardi avvia un tribale episodio percussivo sulle corde gravi ripreso e arricchito da Cappelli e trasformato dal trombettista Sannini in qualcosa che spazia da Lester Bowie a Cootie Williams rimanendo nella contemporaneità «dotta». Poi torta e champagne. E presentazione di un box di cinque cd in cui il gruppo, con ospiti illustri, tra il 2004 e il 2009, si esibisce proprio nell’improvvisazione. Avremo modo di parlarne.