«Cerco un po’ d’Africa in giardino, tra l’oleandro e il baobab»: nulla a che vedere con Azzurro, molto con un continente pulsante sugli spartiti di library music, mitologico e iperreale, come quello ritmato dagli sfrenati rituali dionisiaci dei Maistah Aphrica, ottetto giunto al secondo disco dopo il folgorante esordio autoprodotto. Paganini evidentemente in Friuli-Venezia Giulia ripete: ecco allora di nuovo un sound ed un’architettura spericolati, esotici e familiari, caleidoscopici, ballabili e mai banali, zuppi di groove e di personalità. Un’Africa immaginata da chi in Africa non è mai stato, come suggerisce il nome della band: territorio fisico e mentale dunque,...
Visioni
Nel groove di un’Africa immaginaria
Note sparse. Un'architettura spericolata ad opera dei talentuosi Maistah Aphrica