Luigi Tassoni, critico letterario e semiologo, ci propone con Il gioco infinito della poesia (Perrone, pp. 252, euro 20) e, in contemporanea, con Leggìo per Leonardo Sinisgalli (Fondazione Sinisgalli, pp. 64, euro 6) un’incursione intrigante nei meandri della poesia contemporanea. Con interrogativi decisivi, lasciati naturalmente sempre aperti: «La poesia non dà risposte, è essa stessa la domanda sempre accessibile, la sfida, la possibilità».

SOTTO TIRO è il sempiterno narcisismo di molti poeti contemporanei (ancor di più nell’epoca del web), ma tenendo ben presente l’ammonizione di Giorgio Caproni che asseriva esserci una via d’uscita dal narcisismo quando «il poeta, partendo dalle proprie personali esperienze, e costruendo con esse le proprie metafore, riesce a chiudersi e inabissarsi talmente in se stesso da scoprirvi quei nodi di luce che sono non soltanto dell’io, ma di tutt’intera la tribù». E, consapevole di non poter tacere, anzi che il silenzio è una risposta tanto quanto la scrittura, si dipana questo viaggio dell’autore tra i contemporanei a lui più cari e vicini all’assunto del gioco infinito che la poesia è destinata a rimandare sempre pena la sua inutilità o addirittura morte.

Parliamo di poeti come Giuseppe Ungaretti, Eugenio Montale, Carlo Betocchi, Andrea Zanzotto, Attilio Bertolucci, Giorgio Caproni, Leonardo Sinisgalli, Piero Bigonciari («grande sperimentatore e contemporaneamente cercatore di sperimentazioni»), Milo De Angelis, Lorenzo Calogero, Achille Curcio a cui Tassoni aveva dedicato il volume Lezioni di poesia. Il dialetto contemporaneo. Su questo grande calabrese Tassoni scrive pagine memorabili: «Rappresenta un’esperienza cruciale per la nostra contemporaneità».

TUTTI GLI AUTORI citati, a mo’ di piccoli Virgilio, accompagnano il critico nel viaggio tra le loro poesie e soprattutto tra genesi, tesi e metodologia di ricerca che ogni poeta ha approntato per sé. E, ovviamente, non poteva che essere il Giuseppe Ungaretti del Porto sepolto a iniziare battendo sulla necessità della «parola intercalata da lunghi silenzi» (siamo durante la carneficina della Prima guerra mondiale) mentre Carlo Betocchi pensa alla «poesia come a un teatro di parole, dove le parole sono come persone».

E mentre Montale riflette sull’uso di memoria e fotografia, è in uno come Sinisgalli («eccezionale poetica, anticipatrice prodigiosa delle interferenze contemporanee») che Tassoni vede la contraddizione più forte tra memoria domestica («non tornare nei luoghi/ dove sei nato, o irrompi/ come un ladro/ a rubare galline») e ardite sperimentazioni nella «tecnica» contemporanea. «Sinisgalli affida alla poesia il ruolo di grande laboratorio del pensiero. Rinnovò il linguaggio poetico allora ma oggi sappiamo che fu molto di più». E, a parte il volumetto in questione (che raccoglie alcune interviste radiofoniche), bisogna procurarsi, sempre a cura della Fondazione, lo studio precedente di Tassoni Le meraviglie di Sinisgalli.