Ieri sera, mentre chiudevano il nostro giornale, si attendeva la cerimonia di giuramento del nuovo governo israeliano. Un ritardo di diverse ore sul programma annunciato, frutto della battaglia tra i dirigenti del partito di maggioranza relativa Likud per accaparrarsi gli ultimi ministeri rimasti disponibili. Un vero e proprio assalto alla diligenza conseguenza degli accordi di coalizione raggiunti da Benyamin Netanyahu con le altre forze politiche. Pur di garantirsi una maggioranza di governo – peraltro risicatissima di appena 61 seggi su 120 – il premier ha ceduto ministeri di importanza centrale ai nazionalisti religiosi di Casa Ebraica, rischiando di lasciare a bocca asciutta alti dirigenti del Likud che, dopo l’ampia vittoria elettorale del 17 marzo, si consideravano già ministri. Di sicuro ieri sera appariva certa solo la riconferma del falco Moshe Yaalon al ministero della difesa.

Tirate le somme, il nuovo governo Netanyahu non sarà a guida Likud. Al timone di fatto ci sarà Naftali Bennett, il capo di Casa Ebraica, il partito dei coloni, nominato al ministero dell’istruzione da dove potrà imprimere in nome del nazionalismo religioso più estremista che lo ispira, cambiamenti significativi ai programmi scolastici e universitari. Bennett, diventato l’arbitro della stabilità del governo dopo l’improvviso passaggio all’opposizione del leader del partito di estrema destra «Yisrael Beitenu», Avigdor Lieberman, è consapevole del grande potere che si ritrova tra le mani. E lo userà per rilanciare la colonizzazione israeliana e imporre il rifiuto dello Stato palestinese. I coloni eserciteranno sul governo un’influenza come mai è avvenuto prima e tra di loro regna l’euforia. «C’è una realtà permanente in Giudea e Samaria (la Cisgiordania ndr) che è irreversibile…Siamo ottimisti…Non cerchiamo lo scontro ma il mondo non può dettare qualcosa respinta dalla democrazia israeliana (il voto del 17 marzo, ndr)», ha detto al Times of Israel Yigal Dilmoni, il portavoce del Consiglio di Yesha che rappresenta la maggioranza dei «settlers» (coloni) israeliani.

Non è perciò una esagerazione affermare che questo non sarà un governo del Likud ma un governo di Casa Ebraica con un primo ministro del Likud. Oltre a Bennett al ministero dell’istruzione, del governo faranno parte in posizioni chiave altri dirigenti di Casa Ebraica. Come Uri Ariel, alfiere della costruzione degli insediamenti nel governo precedente scelto come ministro dell’agricoltura dove potrà prendere il controllo della Divisione per gli Insediamenti, un’agenzia governativa che finanzia le colonie.

Un altro rappresentante del partito, Eli Ben Dahan, diventerà vice ministro della difesa con la supervisione dell’Amministrazione Civile (ma retta da militari) che amministra i palestinesi che vivono nella «Zona C», ossia il 60% della Cisgiordania.

Più di tutto il braccio destro di Bennett, Ayelet Shaked, 39enne laica ultranazionalista, sarà ministra della giustizia, senza avere alcuna competenza in questo settore. Shaked che l’anno scorso pubblicò sul suo profilo Facebook frasi di un estremista di destra che definiva i bambini palestinesi «piccoli serpenti» e fu accusata di dichiarazioni a sostegno del genocidio della gente di Gaza (lei nega), critica la Corte Suprema e il sistema giudiziario che ritiene troppo «liberal». Ora sarà in grado di influenzare la nomina dei giudici e di spingere in avanti progetti di legge che mirano a colpire tutto ciò che considera «progressista».

Nachman Shai, un parlamentare dell’opposizione, ha commentato che dare a Shaked il Ministero della Giustizia è come «nominare un piromane a capo del vigili del fuoco».