«Mi piacerebbe che questo splendido litorale e Castel Volturno non fossero noti per l’immigrazione clandestina, lo spaccio di droga e la prostituzione. Non puoi andare a portare margherite a chi scippa, spaccia e stupra»: sono le parole di Matteo Salvini, che ieri ha scelto il casertano per fare propaganda elettorale.

Proprio nel giorno in cui si ricorda, con una cerimonia nel cimitero della vicina Villa Literno, l’omicidio di Jerry Masslo: il ragazzo che fuggiva dal Sudafrica dell’Apartheid ma a cui l’Italia negò lo status di richiedente asilo. In attesa del visto per il Canada, lavorava come stagionale nei campi provando a rivendicare i diritti dei braccianti reclutati nel quadrivio di Villa Literno, ribattezzato dai locali «piazza degli schiavi». Era la prima volta che si organizzavano così apparvero dei volantini: «È aperta la caccia permanente al nero». La notte tra il 24 e il 25 agosto del 1989 un gruppo di ragazzi fece irruzione nel capannone dove dormivano gli stagionali per rapinarli. Masslo non cedette alle minacce, gli spararono all’addome.

Da allora la comunità migrante è diventata stanziale. La regolarizzazione voluta dal governo, terminata il 15 agosto, avrebbe dovuto portare all’emersione di 600mila irregolari (stime dell’esecutivo) in tutta Italia ma il totale delle domande è stato di 207.542, solo il 15% relativo al lavoro subordinato (30.694), il resto colf e badanti. La prima regione per richieste relative ai braccianti è la Campania con 6.962 moduli spediti, la seconda è la Sicilia con circa la metà. La prima provincia in assoluto è Caserta con 2.904 domande, la quarta è Napoli (1.813), un gradino prima di Salerno (1.774) che pure ha un fiorente settore agricolo.

«Ai nostri sportelli sono venuti in tanti a chiedere come fare per aderire alla sanatoria ma poi solo circa il 15% ha aderito alla regolarizzazione – spiega Igor Prata, segretario della Flai Cgil di Caserta -. È stata un’occasione persa. Per tre motivi: la scadenza a ferragosto; la poca chiarezza delle linee guida, che non indicavano in modo preciso quanto sarebbe costato al datore di lavoro; la carenza di controlli, che permette alle aziende di proseguire con il lavoro nero o grigio. Questo provoca una concorrenza al ribasso sui salari e sui diritti».

Ad agosto nel casertano la produzione si concentra su pomodori e frutta, come pesche e meloni. A settembre partono gli ortaggi: broccoli, piselli, insalata. Nelle serre è particolarmente dura: la temperatura raggiunge livelli difficilmente sopportabili, bisogna cominciare prestissimo per ridurre le ore di lavoro con il sole a picco ed evitare di ammalarsi con il fortissimo sbalzo termico, quando si esce da quei confini di plastica.

Gli uomini guadagnano tra i 30 e i 40 euro al giorno per 10, 12 ore di lavoro. Per le donne si va dai 25 ai 35 euro, anche se la fatica è la stessa. In base al contratto di categoria, invece, dovrebbe essere circa 42 euro per 6 ore e mezza. «Il gap salariale per le donne è un problema diffuso e vale anche per le italiane – conclude Prata -. Soprattutto gli stagionali vengono organizzati dal caporale, che li porta sul luogo di lavoro e, in generale, è il punto di riferimento per qualsiasi esigenza. Lo stato diventa il caporale, quello a cui ti rivolgi persino se hai problemi di salute. Questo non vuol dire che poi il caporale è in grado di indirizzarti da un medico. Vuol dire, però, che sei tagliato fuori dal sistema dei servizi. Lavori ma non hai i documenti, non hai diritti. Lo sfruttamento economico diventa disagio sociale».