Bevis Frond: quasi trent’anni di attività e militanza nell’underground psichedelico britannico. Ventisei album ufficiali. Una miriade di collaborazioni parallele e di singoli (impossibile non citare la cover di 29 settembre di Lucio Battisti pubblicata per la Helter Skelter nel 1994). Dietro la ragione sociale della band si cela l’ultra prolifico Nick Saloman, musicista che a ragione si può considerare il guardiano e sigillo della fedeltà a un’idea di psichedelia collocata temporalmente fra il 1967 e il 1974. Un suono nel quale confluisce il garage punk dei Nuggets ma anche gli intarsi chitarristici di Roger McGuinn; il proto hardrock di formazioni dimenticate come come i Warhorse, The Open Mind.

Un vero e proprio giardino mistico nel quale le fantasmagorie da mangiatore di hashish di Lord Dunsany si ritrovano avvinghiate sensualmente con le ragioni politiche di quel momento di transizione della musica britannica quando alla fine degli Sessanta il beat, il soul, il blues dialogavano febbrilmente prima che il prog cristallizzasse queste tensioni in una direzione artistica perlopiù autoreferenziale. Bevis Frond emerge alla fine degli anni Ottanta con due dischi diventati immediatamente dei classici della neopsichedelia: Miasma e The Inner Mashland coglie tutti di sorpresa. Autoprodotti i due dischi rilanciano un intero immaginario oltre che un suono.

L’idea di una Gran Bretagna magica, esoterica, rurale, colta lì dove comincia il tempo, con madre Londra custode di riti e iniziazioni, acida e sognante come le allegorie e le fiabe di Lewis Carroll, diventa parte integrante della mitologia di Bevis Frond. Lo scarto rappresentato da Bevis Frond/Nick Saloman è che la sua musica non è una mera operazione calligrafica di reinvenzione di codici datati quanto l’espansione di un canone e la sua reinvenzione. Un approccio, dunque, nella quale la filologia è parte integrante di un discorso creativo e di una pratica artistica. Dal 1987 in poi Nick Saloman ha pubblicato instancabilmente dischi. Sovente doppi. Al ritmo di (quasi) due titoli all’anno. Un catalogo, il suo, fatto anche di gemme nascoste, come il prezioso Son of Walter del 1996. Inarrestabile, sino a Hit Squad del 2004. Restando sempre fedele alla propria ispirazione, Saloman, misteriosamente, non ha mai realizzato un disco meno che eccellente. Pur restando all’interno di coordinate ampiamente riconoscibili, è riuscito a sorprendere sempre per la generosità con la quale riscriveva il proprio mondo.

Dopo Hit Squad, però, Saloman si ferma. Per sette anni nessuna notizia di Bevis Frond. Poi, nel 2011, The Leaving of London. Sino a giungere agli ultimi mesi dello scorso anno con Example 22, ennesimo disco imperdibile. Affiancato da una band vera e propria, dopo avere per anni suonato in totale libertà tutto da solo, Example 22 vanta brani come Waiting for Sinatra, I Blame the Rain, Where is Egon Shiele, Second Son che entrano di diritto nell’antologia ideale del meglio di Bevis Frond. Example 22 è l’ennesimo doppio album di Bevis Frond, e si affianca ai titoli che hanno segnato il suo ritorno in sala d’incisione come The Leaving of London e White Numbers, anch’essi doppi. Rispetto a classici come Tryptich del 1988 o New River Head del 1991 non ci sono novità stilistiche. Assurdo pretendere da Nick Saloman che affidi una produzione a un nome di grido come Arca (tanto per fare un esempio).

Ciò che davvero costringe sempre a ripensare il suo lavoro è la qualità stellare della scrittura; la capacità di alimentarsi da fonti che nel corso del tempo abbiamo imparato a riconoscere e che nonostante la familiarità continua a entusiasmare e commuovere. In un’intervista pubblicata su Shindig! Magazine a cura di Roberto Calabrò (autore dell’enciclopedico Eighties Colours), Saloman ha ripercorso gli anni della sua lontananza dallo studio e il suo rapporto con la musica, rivelando di avere aperto due anni fa un piccolo negozio specializzato in vinile e rarità a Bexhill-on-Sea, località a sud di Londra, attaccata ad Hastings (non troppo lontano da Brighton). Il nome, Platform One (Binario Uno), deriva dal fatto che è situato in un centro antiquario ricavato da una stazione ferroviaria in disuso. Aperto solo dal giovedì al sabato, dalle 11 alle 16, il luogo è diventato una piccola mecca per appassionati e collezionisti. Come non amare Nick Saloman?