Non c’è tempo fino a luglio. No, la legge elettorale arriverà in aula entro il 27 aprile e va approvata entro maggio. Ora lo spedito ruolino di marcia di Matteo Renzi è scritto anche nero su bianco nel Programma nazionale di riforma, uno dei documenti che accompagnano il Def e che poi sarà inviato alla commissione europea. Nelle bozze circolate fin qui l’approvazione dell’Italicum era prevista entro luglio. E questo, nonostante l’esibita fretta di palazzo Chigi, aveva fatto illudere qualcuno nella minoranza – pochissimi per la verità – che uno spiraglio di trattativa per qualche modifica c’era.

La riunione dei deputati, mercoledì prossimo, sarà l’ora della verità. E non solo su questo punto. Il presidente del consiglio e i suoi – e le sue – continuano a non escludere il voto di fiducia sulla legge elettorale, sfidando la prassi parlamentare e il precedente infelice della legge truffa del ’53 . Ieri lo ha ripetuto a Repubblica il numero due del Pd Lorenzo Guerini: «Si potrà mettere la fiducia come extrema ratio, nel caso in cui non ci fosse un’assunzione di responsabilità» ma non sarebbe «nessuna forzatura, solo un atteggiamento chiaro di fronte a questo impegno». In realtà è molto probabile che non ce ne sarà bisogno. La minaccia di fiducia è però una prova muscolare del premier attraverso la quale avverte la minoranza Pd che non ha alcuna paura di sfidare precedenti, prassi e norme pur di portare a casa, in tempo utile per la propaganda delle regionali, la riforma che cancella il Porcellum senza cancellare i parlamentari nominati. Proprio ieri il segretario Pd, stavolta nella sua casacca di premier, ha annunciato che da domenica 19 aprile inizierà il suo tour elettorale nelle regioni che vanno al voto.

In realtà Renzi alla camera ha una maggioranza solida, soprattutto da quando il documento della minoranza ’dialogante’ ha chiarito che in molti, più di 80, sono pronti a dare battaglia, leggasi votare qualche emendamento, ma non certo a votare contro l’Italicum, come ha annunciato da Cesare Damiano. Nei voti segreti poi Renzi rischia persino di fare bingo, e cioè di raccogliere anche il soccorso azzurro di parte dell’opposizione forzista che a parole si proclama contraria alla legge ma vuole scongiurare l’eventualità di un voto anticipato. Alfredo D’Attorre, uno dei bersaniani irriducibili, chiarisce che dalla sua parte non arriverà alcuna richiesta di voto segreto: «Io le mie battaglie preferisco farle a viso aperto». Ma avverte nella fiducia un fronte ancora più pericolosi del «presidenzialismo di fatto» introdotto dall’Italicum. «Do per scontato che non si arriverà a tanto, sarebbe una scelta non solo estrema, ma insostenibile» perché, spiega, «solo se si resterà nella fisiologia parlamentare il voto sulla legge elettorale e la vita del governo potranno continuare a marciare su binari separati». Non è esplicito, ma la traduzione suona così: nel caso di fiducia la minoranza coté irriducibile sarebbe pronta a votare no. Una rottura che di sicuro la sinistra Pd vuole scongiurare, ma che Renzi potrebbe andare a cercare per chiudere definitivamente i conti interni del suo partito. E inaugurare, dopo il voto regionale, una nuova fase della legislatura.