Una nazione trasversale attraversa il sud Europa, dal Montenegro all’Andalusia passando per la Camargue, con cuore pulsante nel Salento. È lo stato immaginario di Gitanistan, un mosaico di linguaggi, suoni, cibo ed emozioni che è diventato film. Si intitola Gitanistan, è uscito nel 2014, racconta le famiglie rom salentine e si proietta venerdì 8 alle 18.30 alla sala Isma del Senato. Non è che il momento istituzionale della maratona di eventi omonima, che invade mercoledì 6 il Monk, sempre nella capitale, per poi migrare, ovviamente sotto forma di carovana, verso Lecce: concerti, incontri e film l’8 e il 9 alla Masseria Ospitale, gran festa finale il 10 al campo rom Sosta Panareo. Motore dell’iniziativa, Claudio «Cavallo» Giagnotti, salentino di origine rom e leader del gruppo Mascarimirì, ci racconta lo spirito dell’iniziativa, unica in Europa.

Che storia hanno le famiglie rom del Salento?
Arrivarono quaggiù dai Balcani tra il XV e il XVI secolo, il primo atto ufficiale è però un matrimonio celebrato nel 1.601 alla Chiesa di Galatina sotto nome Rinaldi. È un cognome che non lascia dubbi, come Russo, De Matteis e altri. La loro specialità erano i cavalli: li allevavano, li curavano, alla fine li cucinavano pure. Erano dunque indispensabili per l’agricoltura prima dell’avvento del trattore, e incidevano sulla vita della comunità. Basti pensare che il piatto popolare più diffuso in Salento sono i pezzetti di cavallo al sugo.

Questa integrazione è ancora attuale?

Non siamo un’isola felice, ignoranza e pregiudizio spuntano anche qui, ma anche i nuovi arrivi, gli insediamenti familiari immediatamente successivi ai conflitti nei Balcani, hanno un dialogo costruttivo col territorio. Un esempio è proprio Sosta Panareo, dove domenica 10 si terrà la festa conclusiva. Scherzando tra loro gli abitanti lo definiscono un campo a 5 stelle. La vera scommessa adesso è lì, le famiglie antiche come la mia ormai sono pienamente integrate.

Come è nato il progetto Gitanistan? 

Dalla volontà di far conoscere questa realtà, la sua ricchezza. Abbiamo iniziato nel 2008 raccogliendo immagini, suoni, ricette, racconti. Poi da cosa è nata cosa. La stessa costruzione del film, insieme allo stimolo di realtà come l’Associazione 21 Luglio, Lettera 27 e le università di Roma e Lecce, ci ha convinti a osare con questo happening. Un’altra bella spinta è stato il riscontro ottenuto da Gitanistan alla rassegna Latcho Divano di Marsiglia. Per ora il cartellone copre cinque giorni, ma abbiamo in cantiere iniziative fino ad agosto. E poi, chissà. Io sto studiando un viaggio di due anni da Creta all’Andalusia sulle tracce dei Rom per documentare come lo stato immaginario non sia una questione etnica e linguistica, bensì emotiva e culturale.

Cosa chiederete al Senato?

Maggiore sostegno delle istituzioni nel far conoscere la nostra realtà e un rapporto costante con le associazioni sorte all’interno dei campi, è il primo deterrente contro il pregiudizio. Per questo il festival si articola in concerti, mostre fotografiche e una rassegna, la prima, di 4 film rom italiani. Ma ci sono anche teatro, cucina, e una tavola rotonda l’8 e il 9 in masseria a cui teniamo molto.

Qualche artista che si potrà scoprire dal vivo? 

Veko Alimovic, il nostro interlocutore per il Montenegro, che suona col salentino Cesare Dell’Anna. Gli Alegria Gitana di Tonio Corba, il nostro referente in Camargue. Gli ‘O Rom, con musicisti di strada napoletani e romeni. E ovviamente i Mascarimirì.

A proposito di Mascarimirì, dopo 18 anni di lavoro a che punto siete? 

Alla voglia di far capire ai ragazzini che ballano la pizzica quanto essa arrivi da lontano. Il prossimo sarà un disco di antropologia moderna, ispirato a Lomax, Carpitella e De Martino per ammettere, senza vergogna ma semmai con orgoglio, che oggi siamo gli esecutori del genere, non i suoi inventori.