«Il mio obiettivo è che il Belgio scompaia senza che nessuno se ne accorga. Già oggi, le Fiandre e la Wallonia sono due Stati che funzionano ciascuno con il proprio parlamento e il proprio governo. A Bruxelles, il primo ministro belga non presiede che un’inutile conferenza diplomatica permanente. Si tratta solo di lasciare che questo processo arrivi alla sua naturale conclusione». Il termine «indipendenza» non è mai pronunciato in modo esplicito, ma il senso delle parole di Bart de Wever non potrebbe essere più chiaro.

Dallo scorso anno sindaco di Anversa, la «capitale» delle Fiandre, città di tradizioni operaie e socialiste, il 44enne de Wever è l’uomo da battere nel triplo scrutinio di domenica: i belgi voteranno infatti anche per politiche e regionali, oltre che per le europee.

Leader carismatico degli indipendentisti fiamminghi, storico di formazione, cresciuto in una famiglia ipernazionalista, de Wever è stato tra i fondatori nel 2001 della Nieuw-Vlaamse Alliantie (Nva), Nuova alleanza fiamminga, prima forza delle Fiandre, al 33% nei sondaggi. Un partito certamente di destra, ma più vicino ai Conservatori inglesi di David Cameron – che non a caso ha ricevuto de Wever a Londra, con gli onori riservati abitualmente a un capo di Stato – che non agli euroscettici olandesi.

Se sul piano nazionale la Nva è testa a testa con il Ps del premier Elio Di Rupo – il cui primato tra i francofoni della Wallonia sarà certamente confermato dalle urne -, la sua egemonia nelle Fiandre è tale da aver trasformato quello di domenica nell’ennesimo referendum sull’unità nazionale del Belgio. Riunendo, grazie al collante del nazionalismo, vincitori e perdenti della crisi economica, il partito di de Wever ha saputo conquistare il cuore dei fiamminghi con un mix di proposte improntate alla dottrina liberale in economia, un acceso protezionismo sociale nei confronti della sola comunità fiamminga e quel tanto di xenofobia a buon mercato che gli ha consentito di svuotare elettoralmente la destra razzista del Vlaams Belang, al 20% negli anni Novanta e oggi, alleato di Marine Le Pen, intorno al 7%.

Ad Anversa, mezzo milione di abitanti, di cui il 17% composto da famiglie di origine «straniera», la Nva li prende di mira: «Siamo i campioni del mondo delle regolarizzazioni! Tutti costoro non possono certo essere considerati come degli immigrati venuti qui a cercare lavoro, dunque si tratta di persone che pesano sulla società e sugli istituti previdenziali». Ma la vera innovazione che si deve a de Wever riguarda il progetto separatista. Se la causa dell’indipendenza ha sempre potuto contare su un terreno favorevole nelle Fiandre, con la Nva le cose sembrano farsi ogni giorno più concrete.

Il leader fiammingo è stato uno dei grandi protagonisti della crisi istituzionale che ha lasciato il Belgio senza governo per oltre 500 giorni tra il 2010 e il 2011. In quell’occasione, de Wever ha ingaggiato un lungo braccio di ferro con Di Rupo, costruendosi l’immagine di fiero difensore degli interessi delle Fiandre, fino ad affermare: «Se non siamo d’accordo su niente, forse è venuto il momento di dirsi addio».

La tecnica adottata è quella di attribuire ogni problema sociale della regione fiamminga all’incapacità o all’inerzia dei walloni o ai costi che si devono sostenere per «mantenere in vita» lo Stato belga. E la soluzione magica proposta è quella della divisione del Belgio su base comunitaria.

Così, il programma per le europee della Nva prevede di affrontare la «questione di Bruxelles» – vale a dire il difficile equilibrio della città cuore dell’Europa politica che però per i nazionalisti fiamminghi rappresenta prima di tutto una pericolosa enclave francofona in terra di Fiandre – con una sorta di «apartheid»: gli abitanti della città dovranno obbligatoriamente scegliere «cosa essere», quale lingua parlare e a quale delle due comunità appartenere. «Una proposta scioccante – secondo Le Soir, tra le maggiori testate del paese – che prevede una forma di segregazione tra le persone. Chi può immaginare la coabitazione nella stessa strada, nello stesso edificio, di cittadini che non avranno gli stessi diritti sociali o il medesimo sistema fiscale?». Già, chi può immaginarlo se non uno come Bart de Wever, che pensa in realtà già a Bruxelles come alla capitale delle future Fiandre indipendenti, quando fuori dei palazzi della Ue si parlerà soltanto fiammingo?