La Gioconda sorride. Sorride di più, da qualche settimana: sorriso elettronico e di più vaste dimensioni rispetto all’originale, blindato cento chilometri più in là, davanti ai selfie dei giapponesi, al Louvre di Parigi. La Gioconda sorride. O, forse, ride. Da qualche settimana, lei, o piuttosto Leonardo, gode di uno spazio virtuale, dove si confronta, artisticamente e didatticamente, in uno spettacolo elettronico immersivo con gli altri capolavori vinciani. Questa estate, infatti, è stata inaugurata la sala spettacolo-Leonardo : 500 metri quadri di quadri-capolavoro.
GLI ULTIMI ANNI
È qui, al Château Clos Lucé, che da Vinci ha trascorso gli ultimi tre anni della sua vita, coccolato e tenuto in palma di mano da François 1er, allora re dei francesi. Dopo un periodo esistenziale molto erratico, Leonardo accetta l’invito a stabilirsi nel castello, a due passi dalla residenza reale. Quando lascia, per la Francia, Roma, dov’era il protetto di Giuliano de’ Medici, fratello del papa, Leonardo ha 64 anni. Porta con sé tre capolavori : Sant’Anna, Giovanni Battista, la Gioconda, tutti e tre, oggi, al Louvre. François 1er, lo nomina «primo pittore, ingegnere e architetto del regno» e gli attribuisce una pensione di mille scudi d’oro all’anno, oltre alla dimora nello Château dove potrà lavorare tranquillamente, circondato dai suoi allievi e dove si spegnerà, nella sua camera, il 2 maggio 1519.
Proprio qui, al Château Clos Lucé, riaffiora ora, di colpo, il tutto Leonardo pittore. In simultaneità elettronica – espediente del domani, che sicuramente non sarebbe stato alieno agli interessi e, chissà, alle sperimentazioni, di da Vinci –, riappaiono, in un neospazio immersivo, da poco inaugurato, tutte le opere pittoriche di Leonardo. Un miracolo tecnologico (o ‘leonardesco’): raccolte in un unico sito si possono ammirare i dipinti e gli affreschi vinciani sparsi in tutto il mondo, dal Louvre agli Uffizi, dal Vaticano alla National Gallery di Londra, da Cracovia a San Pietroburgo, a Washington, al convento Santa Maria delle Grazie a Milano, dove è conservato (più o meno) l’affresco fondamentale dell’Ultima Cena, cui la Cineteca Italiana di Milano ha dedicato anni fa un documentario. Calamita virtuale, Château Clos Lucé ha risucchiato, nelle loro dimensioni reali, in un unico luogo, una Gallery immersiva, il Leonardo planetario, dove si svela e si mostra completamente in pochi minuti al nostro sguardo.
LINEE GUIDA
Non è solo un Bignami visivo, un ‘Reader’s Digest’ dell’arte. Al cuore della proiezione, il visitatore non soltanto assiste alla passerella di capolavori – quasi a un tapis rouge leonardesco –, ma si fa trafiggere dalle linee-guida o dalle sovrapposizioni tematiche dell’esposizione: dove riscopriamo la rigorosa impaginazione prospettica dell’Ultima Cena che ha il suo focus nella figura rivelatrice di Gesù Cristo, oppure le radiografie rivelatrici dei disegni messi a confronto con i dipinti definitivi, dove trovano nuova identità, e verità, i drappeggi, l’assemblaggio dei personaggi (nel mitico quadro dell’Adorazione dei Magi), i sorrisi enigmatici, tra cui quello della Gioconda, e le regole artistiche che convergono nel suo inimitabile ‘sfumato’: « Veglia a che luci ed ombre si fondano, senza distinzione di tratti o linee, ma come in una nebbia». Tra proiezioni e indicazioni, il visitatore entra nel processo di creazione di Leonardo, nel ‘laboratorio da Vinci’ e ne esce come un corporeo studio o disegno preparatorio.
LES MACHINERIES
La ‘palestra pittorica’ di Leonardo è la nuova frontiera di Château Clos Lucé, finora ristretto soprattutto all’esaltazione dei suoi stratagemmi meccanici, delle sue invenzioni ingegneristiche e teatrali: come immaginare, oggi, di procurarsi un Leonardo o, peggio, un mini-pinacoteca leonardesca? Di qui la ‘specializzazione’, nel sito storico dell’ultimo da Vinci, sull’altra metà, altrettanto importante di quella artistica, di Leonardo: la metà scientifica, il Leonardo inventore. Tutto buttato bonariamente in ridere, da noi, in Non ci resta che piangere, il Back to the Future di Benigni-Troisi, con la giovane Amanda Sandrelli, dove da Vinci, intepretato da Paolo Bonacelli, è il furbetto della situazione, che non sa come attivare l’elettricità (« basta infilare nella presa » gli aveva spiegato Benigni) ma ha capito come mettere in moto una locomotiva a carbone.
Le machineries di Leonardo, che ci evocano un suo grande erede teatrale, Luca Ronconi, sono state finora celebrate in vari modi in varie zone di Château Clos Lucé, dove vengono ripercorse le sue soluzioni urbanistiche (acrobatiche mapppature di città, che hanno oggi conferma satellitare) e le sue architetture, civili, religiose, effimere (per gli spettacoli di corte, con leoni ruggenti e devoti al re, con apparizioni e sparizioni magiche, già alla Méliés, ottenute con contrappesi circensi), tra cui il formidabile progetto di una scuderia high-tech, con automatizzazione di foraggio, acqua e evacuazioni.
Logica conseguenza di questa apertura sull’altra metà di Leonardo, il grande giardino, un ettaro di verde, realizzato nel 2005, su ‘progetto da Vinci’: sono state infatti selezionate cinquanta varietà di piante della fauna mediterranea, dai pini ai cipressetti, che compaiono nei disegni o nei progetti dell’artista, e sono state realizzate a grandezza naturale, oltre a cascate e belvedere, le ‘macchine’ che attraversano la sua vita, tra cui, primizia mondiale, il ponte a due piani. Senza ignorare gli effetti-bruma, qua e là per il bosco : il proverbiale ‘sfumato’, la firma di Leonardo.