La località di Malindi, affacciata sulla splendida costa del Kenya bagnata dall’Oceano Indiano, è famosissima per le sue spiagge e frequentata da moltissimi italiani, che qui vengono in vacanza o addirittura a vivere a basso costo lungo la linea dell’Equatore. Se da essa imbocchiamo la pista sterrata che porta verso l’interno del paese, attraversiamo un paesaggio tipicamente africano disseminato di poveri villaggi, in mezzo alla savana ed a meravigliosi baobab ed alberi di acacia.

Dopo circa un’ora e mezza di auto, si arriva al villaggio di Marafa, il cui territorio ospita una meraviglia geologica, chiamata dalla tribù Giriama che ci vive, Nyari: il posto che si rompe da solo. Si tratta di una conca scavata dall’erosione dell’acqua piovana che forma un canyon spettacolare che lascia il viaggiatore a bocca aperta. Le alture di Marafa durante la stagione delle piogge sono attraversate infatti da un affluente del fiume Galana che scava la roccia e la modella continuamente in maniera diversa.

Le rocce cambiano forma ogni anno, così come colore, a seconda dei minerali che l’erosione delle acque porta alla luce: l’arenaria diventa bianca, rosa, arancio, cremisi. Uno spettacolo, un luogo magico che lascia senza parole.

La zona è conosciuta da molto tempo anche dagli indigeni per un motivo diverso: il clima particolare di questa depressione ha favorito il fiorire di particolari piante terapeutiche, diventando zona di raccolta da parte degli uomini-medicina delle tribù vicine.

I bambini di Marafa vengono qui volentieri a giocare nei giorni di festa: l’ambiente è unico e favorisce fantasie e giochi. L’altro nome del posto non li scoraggia: Hell’s Kitchen, la cucina del diavolo. Non sono leggende o fantasmi a dare al canyon questo appellativo sinistro, ma le terribili temperature che si sviluppano durante le ore più calde della giornata, e che superano frequentemente i 50 gradi. La visita è da effettuarsi quindi preferibilmente al tramonto, quando le temperature calano e la luce del sole calante accende di colori indimenticabili le sculture naturali create dall’erosione.

Il sito è gestito da una cooperativa di guide locali che lavora in associazione con i beach boys della costa che organizzano le escursioni; questa sostiene il villaggio grazie alla magia del posto che attrae migliaia di turisti all’anno. Marafa è inoltre una delle località in cui opera la Karibuni Onlus di Como; negli anni sono stati realizzati con il loro contributo un asilo attrezzato dotato di un impianto di raccolta dell’acqua piovana, ed i reparti di maternità e pediatria del vicino locale ospedale. Oltre a ciò, in collaborazione con Aquifera Onlus e Water Right Foundation, è stato avviato un progetto di fattibilità di nuovi pozzi ad uso potabile ed irriguo nell’area di Marafa e Langobaya. I geologi inviati per lo studio e la valutazione del terreno, hanno riscontrato come questo sia prevalentemente di origine costiera; nello specifico, la zona di Marafa è caratterizzata dalla formazione chiamata Marafa Beds. Questa altro non è che una sequenza di limi argillosi e sabbie con in cima strati di calcareniti di origine biologica: il reef, l’antica barriera corallina. Questo strati sono profondi solo un centinaio di metri e l’analisi effettuata dimostra la reale possibilità di perforazione del terreno allo scopo di produrre un nuovo pozzo per consentire alla popolazione locale di attuare nuovi specifici progetti agricoli.

Dopo aver ammirato lo spettacolo del canyon dall’alto, i turisti vengono accompagnati dai gentilissimi ragazzi di Marafa all’interno dello stesso, nel quale si scende camminando sulla terra battuta. Qui le emozioni sono forti, e gli accompagnatori sono prodighi di spiegazioni e consigli sul percorso.

Fra le prime, c’è quella della vera origine del canyon, che non ha nulla a che vedere con le piogge, il fiume e la struttura geologica del territorio.

La leggenda narra infatti che a Marafa vivesse una famiglia molto facoltosa e che possedeva tantissime mucche. Erano così ricchi da fare addirittura il bagno nel latte dei loro animali, senza nessun riguardo per la povera gente dei villaggi vicini che moriva di fame. Dopo che uomini saggi tentarono inutilmente di farli ragionare ed essere generosi con i poveri, un giorno Dio si infuriò con loro e fece sprofondare il terreno, che inghiottì l’intera famiglia nelle viscere della terra. Rimase il canyon con i 3 colori: il giallo delle case, il bianco del latte ed il rosso del sangue. Un parallelo africano alle vicende bibliche di Sodoma e Gomorra.

Al termine della visita le guide, pagate in anticipo dai beach boys e dai tour operators, non chiedono denaro, ma molto educatamente ti chiedono se vuoi fare un’offerta per il villaggio ed il mantenimento del sito, oppure se vuoi comprare un pacco di biscotti per i bambini del posto. Come resistere? Vederli felici e contentissimi, tutti eleganti per il giorno di festa, in fila in attesa del piccolo dono è un’emozione fortissima che stringe il cuore.