Ammontano a 34,6 miliardi di euro i sussidi dannosi per l’ambiente concessi in Italia nel 2020 ai settori energia, trasporti, agricoltura ed edilizia. Sono sussidi che vanno progressivamente tagliati o rimodulati entro il 2030, a partire dalla prossima legge di Bilancio.
A denunciarlo è, per l’ennesima volta, l’associazione Legambiente, che è andata a spulciare ben 51 voci di spesa individuando un fiume di denaro che lo Stato versa per supportare attività che danneggiano l’ambiente e che andrebbe dirottato altrove per far decollare le fonti rinnovabili e decarbonizzare l’atmosfera.

Si tratta di sconti ai petrolieri, royalties inadeguate, generose concessioni all’industria automobilistica, esenzioni dalle accise per compagnie aeree e di navigazione, e tante altre agevolazioni che risalgono a quando non c’erano alternative ai combustibili fossili, accanto a provvedimenti più recenti che non tengono conto della gravità della situazione climatica. Non è un vizio solo italiano, sia chiaro: nel mondo i sussidi dannosi per l’ambiente sono valutati in 500 miliardi di dollari.

Dei 34,6 miliardi di euro, la parte più consistente dei sussidi dannosi (16,6 miliardi) è andata al settore trasporti; altri 12,6 miliardi sono stati erogati al settore energia (tra questi, 498,94 milioni destinati alle trivellazioni); 3,1 miliardi all’agricoltura; 1,1 miliardi all’edilizia, oltre a 812 milioni legati alle concessioni ambientali.
Più della metà, secondo Legambiente, ovvero 18,3 miliardi, sono eliminabili entro il 2025 cancellando, per esempio, i fondi previsti per le trivellazioni e la ricerca su gas, carbone e petrolio, le agevolazioni fiscali per le auto aziendali, il diverso trattamento fiscale tra benzina gasolio, gpl e metano.

In occasione della presentazione dello studio, Legambiente ha lanciato ieri una serie di proposte al governo, proprio mentre il presidente del Consiglio Mario Draghi a Milano alla Cop dei giovani ammetteva i ritardi nell’azione per il clima. Per prima cosa si chiede di inserire nella prossima legge di Bilancio la cancellazione di tutti i sussidi alle fonti fossili entro il 2030. Poi di aggiornare annualmente il Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e favorevoli; di eliminare subito i sussidi diretti alle fossili per lo sfruttamento dei beni ambientali; di rivedere la tassazione sui combustibili fossili per portare trasparenza e legare la fiscalità alle emissioni di gas serra; infine di adempiere agli impegni di Parigi versando 4 miliardi l’anno per garantire la quota dovuta dall’Italia al fondo di 100 miliardi promesso dai Paesi industrializzati: le risorse necessarie, va da sé, verrebbero reperite attraverso il taglio dei sussidi alle fonti fossili.

Lo studio di Legambiente mette a nudo anche alcune falle in provvedimenti varati a favore dell’ambiente, come il Superbonus per l’efficientamento energetico degli edifici là dove prevede l’accesso all’incentivo anche a chi acquista caldaie a condensazione, che, per quanto più efficienti, utilizzano pur sempre combustibili fossili. Nel settore trasporti tra i sussidi eliminabili sono stati individuati quelli legati all’uso di olio di palma e di soia nei biocarburanti. Tra quelli rimodulabili, i nuovi incentivi destinati alla rottamazione delle auto decisi nel 2020 dedicati sia alle auto elettriche che a quelle con motore a benzina, diesel, metano e GPL con emissioni non superiori ai 135 grammi di CO2/km, quando l’obiettivo europeo è quello di non superare i 95 grammi CO2/km.

Con questo sistema, Legambiente stima che l’acquisto di veicoli con motore a scoppio sia stato incentivato con 400 milioni di euro, cifra che potrebbe superare i 600 milioni nel 2021. Tra i nuovi sussidi da sforbiciare anche quelli per il Capacity Market, pensato per garantire la sicurezza del sistema elettrico e l’approvvigionamento di energia attraverso impianti, per lo più a energia fossile, sempre disponibili per coprire le punte di carico della rete e l’intermittenza delle rinnovabili. Un sussidio già costato 361,7 milioni di euro per il biennio 2020 – 2021 e che andrà aumentando considerando l’andamento delle aste per il 2022 e 2023.

«Non è più accettabile – ha dichiarato Stefano Ciafani, presidente di Legambiente – continuare a rimandare un problema che rappresenta una criticità non solo ambientale, ma anche sociale ed economica. Anche se il tema è entrato nel dibattito politico, non bastano annunci e commissioni ad hoc, se il risultato è quello di vedere rimandato il taglio e la rimodulazione dei sussidi, come è già successo con i ministri Galletti e Costa. È importante che l’Italia definisca al più presto una roadmap di uscita dalle fossili e dai sussidi che preveda interventi entro il 2025, anche in vista della chiusura delle centrali a carbone che non può essere affrontata solo con una semplice riconversione a gas, condannando questo Paese alle importazioni di gas fossile per ulteriori 20/30 anni».