I prestiti bancari al settore privato sono in caduta libera. Lo ha rilevato Bankitalia secondo la quale a novembre hanno registrato una contrazione su base annua del 4,3% (a ottobre erano calati del 3,7%). Il Centro studi di Confindustria ha calcolato che dal picco raggiunto nel settembre 2011 il calo è stato del 10,5%, pari a meno 96 miliardi di euro. La tendenza proseguirà nel 2014 con -1%. Le banche dovrebbero tornare a prestare nel 2015 (+2,8%, +22 miliardi di euro). In ogni caso, aggiungono gli esperti di Viale Atsronomia, l’andamento dei prestiti non potrà soddisfare pienamento il fabbisogno finanziaria creato da un miglioramento della domanda e dell’attività economica. Servono investimenti pari a 90 miliardi in 5 anni. Soldi che, al momento, non si vedono. Così come non si vede la ripresa che dovrebbe permettere di arrestare la caduta del rapporto tra i prestiti e il Prodotto interno lordo. La speranza resta nel buon esito degli «stress test» condotti dalla Bce sulla solidità dei bilanci bancari. Una volta terminati dovrebbero confermare la solidità dei bilanci della banche e, chissà, spingerle ad avere «fiducia» nei loro clienti. Ma non tutto è così semplice. Il credit crunch, cioè la difficoltà strutturale che impedisce di far «sgocciolare» l’immensa quantità di denaro posseduta dalle banche verso l’economia reale, è iniziato negli ultimi mesi del 2011, crescendo al ritmo di meno 0,4% al mese per precipitare a fine 2013 (precisamente a novembre) dell’1,2% quando le sofferenze sui prestiti alle imprese sono salite a 103 miliardi. Nel 2008 erano «solo» 25 miliardi. «Questa è attualmente la causa principale del credit crunch in Italia – scrive il centro studi di Confindustria – che ha prolungato e apprfondito la recessione partita dalla stretta creditizia nel 2011. Siamo, quindi, immersi in un circolo vizioso credit crunch-recessione che si auto-alimenta».. Per alcuni analisti il credito dovrebbe tornare nel corso del 2014 (+1,6%), ma i suoi ritmi resteranno comunque contenuti e decisamente inferiori rispetto ai livelli pre-crisi quando erano a +12,7% nel 2007. Per altri, invece, il blocco del credito continuerà almeno per i primi sei mesi del 2014. Lo sostiene Bankitalia. Questa difficoltà è alla base della creazione delle bolle finanziarie, la cui esplosione impone agli stati europei, e all’Italia in particolare, tagli ai bilanci e calo della domanda interna. L’estensione della disoccupazione nel 2014 (oggi quella giovanile è al 41,7%, quella generale si attesta al 12,7%) rappresenta la chiusura del cerchio: la mancanza di lavoro, quindi di reddito, peggiorerà la stagnazione di un’economia in cui quest’anno si affermerà una «ripresa debole e modesta» come ha detto recentemente il presidente della Banca Centrale Europea (Bce) Mario Draghi. Le banche mantengono nei propri forzieri miliardi di euro e non li prestano alle imprese o alle famiglie che, ad esempio, vogliono accendere un mutuo, ma non possono garantirlo anche a causa della precarietà occupazionale. Tra dicembre 2011 e febbraio 2012, ad esempio, la Bce ha prestato mille miliardi di euro alle banche europee all’1% di interesse. Di questi più di 200 miliardi di euro sono andate alle banche italiane. Da allora solo il 5% delle persone sopra i 15 anni ha ottenuto un prestito da una banca nel 2012, a fronte di una media europea del 13%. Dove sono andati a finire questi soldi? Nel posto dove sono andati nel 2013, stando ai dati di Bankitalia e Confindustria: per l’acquisto dei titoli di Stato, ad esempio. Oppure a chi ha solide garanzie: un ristrettissimo circolo grandi imprese. È in atto una gigantesca redistribuzione al contrario della ricchezza esistente, dove le banche raccolgono i risparmi di milioni di persone e lo dirigono verso i piani superiori.La conferma di questa redistribuzione verso l’alto viene dai dati sui prestiti alle famiglie. Nel 2013 sono scesi dell’1,5% rispetto ai dodici mesi precedenti. Le sofferenze sui prestiti alle famiglie sono salite a 13 miliardi. Nel 2008 (inizio della crisi globale) erano sei.