«Non parlare delle multinazionali / che sequestrano ogni tuo diritto / la gente vuol sentire parlare d’amore / Non parlare della fame globale/ parla dell’amore globale/ la gente vuol sentire parlare d’amore / Non andare in giro a dire che Citizens United ha massacrato la democrazia / La gente vuol sentire parlare d’amore / Non dire che i pesticidi provocano l’autismo nei bambini / La gente vuol sentire parlare d’amore / Non dire che la gente non vota più perché non hanno alcuna fiducia in chi si candida/ la gente vuol sentire parlare d’amore». Chiarito che Citizens United è un’organizzazione nordamericana di estrema destra iperliberista, cominciamo col dire che erano molti anni che dal rock americano non veniva fuori un’invettiva così. A chiare lettere.

 
Magari, a rifletterci un po’, dal 2006, quando Neil Young – che per tanti italiani con la testa nei dolci ricordi anni ’70 continua ad essere il menestrello malinconico di Harvest – non fece uscire Livin’ with War, un atto d’accusa crudo e diretto contro il presidente George W. Bush, augurandogli direttamente di finire sotto processo «per aver mentito alla sua nazione», ed aver scatenato l’inferno in Iraq con la scusa delle «armi di distruzione di massa». Neil Young è naturalmente anche l’autore di quelle parole che trovate all’inizio. Sono nella terza traccia di The Monsanto Years, nuovo ruggente e coraggioso exploit «politico» del grande canadese. Copertina calcata su American Gothic, capolavoro del 1930 di Grant Ewood.

 
Young è ora in giro per l’America con il Rebel Content Summer Trek Tour, dodici date per dire a testa alta che il mondo è in pericolo, le canzoni d’amore possono aspettare, che forse è il caso di tornare a indignarsi. Adesso c’è da informare la gente, e se c’è bisogno di un nuovo inizio lui è pronto.

 
Non è nuovo alle battaglie ambientali Neil Young, che per tutta la vita ha alternato i tour nel mondo a lunghi periodi di isolamento nel suo ranch. Tempo fa si mise di traverso ai colossi del petrolio nel «suo» Canada, e le battaglie per un’agricoltura sostenibile contro il monopolio di pochi potenti sono per lui una costante. Però erano anni che non si vedeva un disco così, che a partire dal nome sembra un dito puntato: «Gli anni della Monsanto».

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E non è la sola multinazionale chiamata in causa, ce ne è anche per Safeway Inc., la principale catena di supermercati a stelle e strisce, per Walmart e per Rock Starbuck, il colosso del caffé di cui un tempo Neil Young era grande estimatore, e ora è fiero avversario dopo la scoperta del sodalizio tra Starbuck e Monsanto per le sementi geneticamente modificate, e della causa intentata dai due contro il Vermont. «Mi fa piacere una tazza di caffé/ ma non un organismo geneticamente modificato / voglio iniziare la mia giornata senza aiutare la Monsanto».

 

 

E, più avanti: «Monsanto, i nostri agricoltori devono essere liberi di far crescere quello che vogliono loro». È anche successo, a onor del vero, che poi Rock Starbuck ha impugnato il tutto, e ha mandato a dire a Neil Young di non essere coinvolta nel processo assieme a Monsanto contro il Vermont che chiedeva l’indicazione sulle etichette di elementi geneticamente modificati, ma lui non è arretrato di un millimetro, e sul suo sito ha scritto: «Non darò alcun appoggio a un’impresa che cerca in ogni modo di osteggiare il diritto della gente di sapere cosa c’è nel cibo e nelle bevande che si mettono a tavola. Ho provato a fare la domanda diretta a Starbuck: ’Ci sono o no gli ogm nei vostri prodotti?’, e non mi hanno voluto rispondere. Io non ho proprio nulla contro le persone che lavorano alla Monsanto, sono esseri umani come me. Ma la Monsanto è il simbolo dei guai che abbiamo con il governo occulto delle multinazionali».

 
L’ultima notizia è che Neil Young ora spara a zero: la sua società di produzione video Shakey Pictures ha appena diffuso su Facebook il documentario Seeding Fear («Seminare la paura»), storia della causa vinta da un agricoltore ottantenne americano contro la Monsanto per avergli contaminato i campi con semi ogm.

 

 

Mentre Monsanto prepara le contromosse, Young suona le canzoni di The Monsanto Years. Facendosi accompagnare dai Promise Of The Real, che poi sono la band elettrica in cui suonano anche i figli del «fuorilegge del country», l’amico Willie Nelson, altro tipetto assai sensibile ai temi dell’ambiente e dell’agricoltura pulita.

 

 

Un suono ruvido, stropicciato, volutamente grezzo e da garage band, quello scelto da Young in The Monsanto Years. Con occasionali sbuffi di armonica, voci armonizzate westcoastiane, chitarre frementi, ballate avviluppate in pigre ed acidule volute. Sarà anche un disco (e un dvd accluso) di protest songs, ma è un gran disco, comunque la mettiate.