Il sindaco di Roma Ignazio Marino, dagli Stati uniti dove è in vacanza, con un tweet comunica che la task force capitolina ha già individuato finora 743 occupanti abusivi di case popolari. Risponde così alle polemiche. Ma era davvero necessario quell’esercizio pubblico di strafottenza mafiosa dei Casamonica per accorgersi del loro accaparramento illegittimo di appartamenti comunali?

La capitale non è l’unica città del Lazio che deve confrontarsi con funerali kitch e affari immobiliari di mafiosi vari. La truce manifestazione funebre dei Casamonica ha infatti dei precedenti illustri. A Latina, ad esempio, i funerali con il cocchio trainato dai cavalli neri si svolgono da tempo e senza destare particolari reazioni da parte delle forze politiche, soprattutto quelle del centrodestra che da decenni governano la città. Il motivo? Anche gli “zingari” votano e fanno votare, sempre rispettando gli ordini dei loro capi.

La scena è sempre quella: il traffico bloccato, il vetturino con cappello a cilindro che guida la carrozza contromano, i petali di rose sparsi al passaggio del feretro e la banda che suona musica in onore del defunto. A Latina però questi funerali si dimenticano presto, anche se sono la conseguenza di clamorosi omicidi, come nel caso del nonno di un ex Consigliere comunale di Forza Italia, rimasto in carica fino a poche settimane fa. O come quando, il 9 luglio 2003, fu ucciso Ferdinando Di Silvio, un pregiudicato nipote di Vittorio Casamonica, saltato in aria con una bomba telecomandata piazzata sotto il sedile della sua auto, dopo aver portato alcune angurie ai ragazzi di una cooperativa che gestiva il parcheggio a pagamento sul litorale pontino.

Cooperativa che, guarda caso, ricevette l’incarico direttamente dall’amministrazione comunale senza alcuna gara. Al funerale del nipote di Vittorio Casamonica si presentarono tutti, avvocati e politici locali inclusi. Latina, d’altro canto, è la stessa città dove da anni le famiglie “zingare” dei Di Silvio e dei Ciarelli (questi ultimi imparentati coi Casamonica di Pescara) sono al centro di fatti giudiziari. Proprio in questi giorni la locale squadra mobile guidata dal vicequestore Tommaso Niglio ha sgomberato alcuni alloggi popolari occupati abusivamente da due fratelli membri della dinastia. Dal giorno di Ferragosto erano sulle tracce del maggiore dei due, Angelo Travali soprannominato «Palletta», responsabile di un tentativo di estorsione aggravata (la “specialità della casa” insieme al traffico di droga) ai danni di un imprenditore. Cercando di arrestarlo, come poi avvenuto, i poliziotti hanno eseguito una serie di perquisizioni domiciliari accorgendosi che il soggetto si era impossessato di quattro appartamenti dell’Ater in realtà assegnati ad altri nuclei familiari.

Anche in questo caso le istituzioni, amministrazione comunale in testa, non si sono accorte di nulla. Così come non si sono mai accorte della quantità enorme di ville abusive che lo stesso clan sta costruendo nelle zone rurali del Comune pontino, talvolta occupando parti di proprietà altrui. Analoghe sviste, stante alle indagini della polizia, riguarderebbero molti componenti di queste famiglie che rapidamente otterrebbero assegni di disoccupazione, esenzioni dai ticket sanitari e una quantità indefinita di pensioni di invalidità al lavoro, anche per soggetti appena maggiorenni.

A favore di questo clan in sostanza (da non confondere con altri rom presenti in zona che fanno del lavoro e dell’onestà il principio della loro esistenza) vige ormai la ferrea legge del lasciar fare. In fondo Latina resta ancora la città simbolo del fascismo, dove «credere, obbedire e combattere» è uno slogan ancora in voga. Una città educata a non farsi mai domande.

E così può succedere che si assista a exploit di personaggi sconosciuti. È successo per esempio all’onorevole Pasquale Maietta, arrivato prima in consiglio comunale (risultando il più votato in assoluto alla sua prima competizione elettorale), poi a essere nominato Assessore al Bilancio per approdare infine al Parlamento in appena sei anni. È diventato il Presidente-padrone della locale squadra di calcio, facendole vincere un’incredibile sequenza di campionati nella medesima manciata di anni, tanto da sfiorare la serie A, con il sogno che sfuma all’ultimo momento. In una città dove, come peraltro avviene anche a Pescara e in altri luoghi d’Italia, esiste un conflitto strisciante ormai sull’orlo dell’esplosione tra l’ala fascista della tifoseria organizzata e gli “zingari” accusati di essere dediti alle scommesse clandestine. Ma anche loro votano e fanno votare.