Il viaggio di papa Francesco negli Emirati sarà ricordato anche per il documento sulla “Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune” che il pontefice ha firmato assieme ad Ahmad al Tayyeb, Grande Imam di Al-Azhar del Cairo, la scuola teologica più autorevole dell’Islam sunnita. Alla fratellanza e alla tolleranza fanno costante riferimento i leader emiratini che descrivono la visita di Bergoglio come una prova del “rispetto delle diversità” garantito nel loro paese. La realtà è diversa. Dopo il 2011, anno delle rivolte arabe, i servizi di sicurezza emiratini hanno ridotto al silenzio le voci critiche di giornalisti, accademici, studenti e difensori dei diritti umani. Amnesty International sottolinea che «gli squilli di tromba per la visita di papa Francesco non saranno ascoltati dai molti difensori dei diritti umani, tra cui Ahmed Mansoor, Nasser bin Ghaith e Mohammed al-Roken, che stanno scontando lunghe condanne solo per aver esercitato il loro diritto alla libertà d’espressione». Amnesty ha chiesto al pontefice «di parlare della loro situazione coi suoi interlocutori e di sollecitare il loro rilascio immediato e incondizionato».

Non è noto se papa Francesco abbia avuto modo di affrontare, durante i colloqui avuti con l’erede al trono Mohammed bin Zayed Al Nahyan, la questione del rispetto negli Emirati dei diritti umani e politici oltre alla libertà di culto. Fonti vaticane ieri sera ci dicevano che questi temi sono emersi, anche se brevemente, durante l’incontro. Da parte sua Al Nahyan dice che si è parlato solo di «consolidamento del dialogo, di tolleranza, coesistenza umana e di importanti iniziative per raggiungere la pace». Pace anche in Yemen, si spera, dove Abu Dhabi contribuisce alla guerra sanguinosa che la coalizione militare araba a guida saudita sta facendo ai ribelli sciiti Houthi, incurante della gravissima crisi umanitaria in cui ha gettato quel paese.

La tolleranza che ispirerebbe l’atteggiamento dei regnanti emiratini cessa di fronte a coloro che esprimono dissenso ed inoltre non garantisce una piena tutela alle centinaia di migliaia di lavoratori stranieri presenti nel paese. Oggi nello stadio di Abu Dhabi dove il papa officerà la messa, ci saranno tanti dei 900mila asiatici, in maggioranza filippini di fede cattolica, che vivono e lavorano negli Emirati nel settore dell’edilizia e come personale di servizio in hotel, ristoranti e abitazioni private. Lo scorso anno quasi mille filippini sono stati rimpatriati dopo aver subito minacce e abusi da datori di lavoro senza scrupoli. Tanti manovali riferiscono che spesso sono costretti a lavorare non in condizione di sicurezza solo perché stranieri.