Il decretone, ribattezzato «Rilancio» per evitare ovvie battute sul «decreto aprile» che arriva a maggio, arranca verso l’approdo previsto per domenica. In realtà non mira a rilanciare ma a mettere pezze sulle situazioni emergenziali più gravi. Di più in questo momento forse non si poteva chiedere. Tra i capisaldi restano in bilico la questione della regolarizzazioni, che in realtà verte oltre che sulla durata dei permessi anche sulle garanzie contro il lavoro nero, e quella delle ricapitalizzazioni delle imprese aiutate dallo Stato. Ma lì la partita è quasi chiusa: lo Stato sborserà ed eviterà di impicciarsi, come da diktat di Bonomi e Renzi.

Ora si tratta di scremare, calcolatrice alla mano, le richieste dei singoli ministeri, che sono più numerose delle stelle in cielo. C’è un bonus vacanze di 500 euro per le famiglie fino a 35mila euro di Isee. Uno stanziamento di 150 milioni per i centri estivi e la possibilità di proseguire con lo smart working fino a emergenza finita: il 31 luglio salvo proroghe. Il Miur chiede 370 milioni per riaprire e ripulire le scuole, la Sanità otterrà i 3 miliardi chiesti da Speranza, che dovrebbero servire anche a riattivare quella sanità territoriale devastata in molte regioni, con conseguenze tragiche nell’impatto con il virus. Il blocco dei licenziamenti sarà certamente prorogato per altri tre mesi e circa 400 milioni dovrebbero andare a sostegno di cultura spettacolo, mentre allo sport ne arriveranno 200.

DOPO OLTRE UN MESE di riunioni e scontri il terreno del decreto da 55 miliardi sembra quasi sminato ma sul percorso del governo si sono addensate in compenso nuove nuvole: la mozione di sfiducia contro il ministro Bonafede e il Mes che, per quanto light sia, continua ad andare di traverso non solo ai 5S, con Di Maio e Crimi schierati alla vigilia contro la richiesta del prestito, ma allo stesso Conte che ancora pochi giorni fa ripeteva di essere contrario ad accedere alla linea di credito.

Sulla sorte di Bonafede pesa l’incognita Iv. «Noi vogliamo a tutti i costi votare no ma aspettiamo le risposte di Conte su un tema per noi prioritario come la giustizia», sostiene Rosato. In realtà Iv aspetta anche impegni più concreti sul tema che è stato al centro del vertice col premier di giovedì: il «piano shock» di investimenti, di fatto il vero decreto Rilancio. A parole Conte ha spalancato le porte: i renziani però vogliono qualcosa di scritto e firmato.
Bonafede spera di arrivare all’appuntamento, non ancora fissato ma che potrebbe capitare già mercoledì prossimo al senato dopo le risposte del guardasigilli nel question time, avendo risolto la grossa grana dei «boss scarcerati». L’ipotesi di un Consiglio dei ministri straordinario e di un decreto per rimettere gli scarcerati in galera gode di ampia circolazione. La faccenda è meno semplice di quanto immaginino i 5S. Decretare l’incarcerazione aggirando la magistratura di sorveglianza e irrompendo a gamba tesa nell’area di competenza del potere togato non è nell’ordine democratico delle cose. Sarà necessario uno slalom ardito e comunque non tale da permettere al ministro di presentarsi in aula agitando lo scalpo dei boss tornati in galera.

IL FRONTE MES è più delicato. Le condizioni sono effettivamente leggere. Il rischio però permane, come evidenzia Fassina, di LeU: «Il no non dipende dalle condizioni o dal memorandum ma dalla successiva valutazione di solvibilità prevista e non sospesa dal Mes». Per Zingaretti e per Iv, ma anche per Fi, il problema non sussiste. L’«opportunità», come la definisce il segretario del Pd, va colta senza indugi. La destra è di parere opposto. Per Salvini resta «una strada pericolosa», per Meloni addirittura «una trappola per topi resa più raffinata». Conte evita di sbilanciarsi. Non si pronuncia ma rilancia ripetendo che gli interventi basati su Mes, Bei e Sure, i tre programmi attivati dalla Ue, non bastano: «Serve un Recovery Fund da un trilione». Il verdetto dei 5S si fa aspettare: quando arriva è un pollice verso che lascia ampi spiragli: «Non possiamo esultare. Sebbene debolmente migliorato il Mes resta inadeguato e insidioso. Non sono ancora stati fugati tutti i dubbi. Approfondiremo». La partita non è ancora chiusa. Un altro giro di giostra è necessario.