Una passerella per riannodare il filo tra la Casa Bianca e lo sport americano. Per Joe Biden di ritorno dal tour europeo non ci sono solo cattive notizie, tipo la sconfitta dem nelle elezioni in Virginia: tra tre giorni si presenteranno a Washington i Milwaukee Bucks, vincitori dell’ultimo campionato Nba. Non è una novità, la sfilata presidenziale è osservata da decenni negli Stati uniti dal football, da basket, baseball, hockey, ora anche soccer. Ma durante l’era Donald Trump da quelle parti ci sono state diverse defezioni. Molte squadre vincitrici dei rispettivi campionati hanno deciso di defilarsi, in contrasto con le politiche discriminatorie di Trump verso le minoranze, verso la comunità afroamericana, verso i latinos. E altre invece non sono state invitate da Trump. Venti squadre hanno vinto un titolo durante l’era di The Donald, appena la metà si è messa in fila per entrare alla White House. Tra queste, alcune del football, tipo i New England Patriots (Nfl) dell’amico di Trump, Tom Brady, anche se solo con metà della rosa. Il primo rifiuto per Trump è arrivato dai North Carolina Tar Heels, campioni di basket al college nel 2017.

E’ STATO IL MOMENTO in cui Trump comprese di avere una buona parte dello sport americano schierato contro di lui. Così, per aggiungere un po’ di pepe, decise di non mandare alcuni inviti. Le South Carolina Gamecocks, basket femminile, non furono chiamate alla Casa Bianca, il primo caso dopo 34 anni. L’ultima squadra Nba che si è presentata nella tenuta presidenziale prima dell’era Trump è stata Cleveland, i Cavaliers di Lebron James (Nba): sullo scranno più importante del mondo era accomodato Barack Obama. E proprio James è uno degli sportivi che hanno costruito un rapporto burrascoso con l’amministrazione precedente, con Trump che l’ha preso di mira durante la campagna elettorale, sino agli ultimi comizi. L’ex presidente è stato addirittura definito un buffone da James su Twitter. E ci sono stati cattivi rapporti anche con alcune stelle che avrebbero dovuto sfilare alla Casa Bianca perché campioni Nba negli anni successivi, come Steph Curry, stella dei Golden State Warriors e il coach degli Warriors, Steve Kerr, figlio di un diplomatico americano assassinato in Libano negli anni ‘80 e fieramente schierato contro Trump. Ora si riparte da Biden e i Bucks, dopo lo stop imposto dalla pandemia a gennaio alla sfilata dei Los Angeles Lakers.