Nazista per sempre. Fedele alle proprie idee e alla propria biografia, quella che in più di sessant’anni dalla strage delle Fosse Ardeatine, l’eccidio di cui è stato uno dei responsabili diretti, non lo ha visto pronunciare una sola parola di pentimento, una sola frase di rammarico. No, Erich Priebke l’ex capitano delle Ss morto ieri a Roma, non ha mai cambiato opinione. Eppure la vita è stata decisamente magnanima con lui. Ma non è servito a niente.

Priebke se n’è andato a cento anni compiuti rinnovando il proprio credo nell’ideologia di morte che aveva forgiato la sua stessa vita: quel nazismo di cui era stato più che una riluttante pedina, un caloroso artefice. Se nel processo che lo aveva condannato per l’eccidio delle 335 persone giustiziate dai tedeschi il 14 marzo del 1944 in una cava di pietra alle porte della Capitale, si era sempre difeso sostenendo di aver solo «ubbidito agli ordini» – al pari di tanti altri ufficiali delle Ss processati per i loro crimini dopo la fine della Seconda guerra mondiale –, con la sua morte Priebke ha finito in qualche modo per togliersi la maschera.

In una lettera di sette pagine in forma di intervista che aveva realizzato a luglio e affidato al suo avvocato Paolo Giachini perché fosse resa pubblica dopo la sua scomparsa, l’ex ufficiale delle Ss non parla delle Fosse Ardeatine ma propone quello che può essere considerato come il suo «testamento spirituale». Un testo, accompagnato da un’intervista video di 90 minuti che sarà resa pubblica più avanti, che ribadisce il profilo di «soldato politico» di Priebke, vale a dire la caratteristica che fu propria delle Ss, e che non mancherà di catalizzare l’attenzione di quei gruppi dell’estrema destra che non hanno mai smesso in tutti questi anni di guardare alla sua figura come a un modello di coerenza e fedeltà alle idee e alla storia del nazismo.

«La fedeltà al proprio passato è qualche cosa che ha a che fare con le nostre convinzioni. Si tratta del mio modo di vedere il mondo, i miei ideali, quello che per noi tedeschi fu la Weltanschauung. La politica è un’altra questione. Il nazionalsocialismo è scomparso con la sconfitta e oggi non avrebbe comunque nessuna possibilità di tornare», spiega Priebke fin dalle prime righe delle lettera rispondendo alla domanda se si consideri ancora un nazista. Con la scusa di voler offrire «un contributo per il riscatto e la dignità del mio popolo», l’ex Ss passa quindi in rassegna tutti i più terribili luoghi comuni del revisionismo storico, abitualmente veicolati dalla pubblicistica neonazista: dalla Germania costretta alla guerra dagli angloamericani e dalle organizzazioni ebraiche internazionali, al ruolo negativo svolto dagli ebrei durante la Repubblica di Weimar che sarebbe stato all’origine dell’antisemitismo di Hitler, fino al rovesciamento delle responsabilità tra nazisti e alleati rispetto alle tragedie della guerra (i bombardamenti su Dresda e l’atomica su Hiroshima) e alla negazione dell’Olocausto, ridotto alla stregua di «propaganda» costruita dopo il 1945 dagli alleati. Secondo Priebke, non solo «nei lager le camere a gas non si sono mai trovate», ma l’intera storiografia della Shoah altro non sarebbe che un’abile creazione narrativa: «Era necessario inventare dei particolari crimini commessi dalla Germania e reclamizzarli tanto da presentare i tedeschi come creature del male e altre sciocchezze: soggetti da romanzo dell’orrore su cui Hollywood ha girato centinaia di film».
Più che una “memoria” , la lettera di Priebke appare così a tutti gli effetti come un “documento politico”, destinato a chi voglia continuare a sostenere questa ideologia aberrante.

Non a caso, nelle sue conclusioni, se la prende con quei «poteri forti mondiali» che sostengono ovunque l’adozione di leggi contro il negazionismo e che dipingono «chi si oppone al sionismo in Palestina come un antisemita o chi osa chiedere le prove di queste camere a gas come se approvasse un’idea di sterminio degli ebrei». Altrettanti argomenti con cui da tempo l’estrema destra cerca di camuffare le proprie posizioni, travestendo l’apologia più o meno esplicita dei carnefici di ieri in una posa da vittime dell’odierno politicamente corretto.

Del resto, per l’avvocato di Priebke, Paolo Giachini, da sempre vicino agli ambienti della destra – tra l’altro, nel 1999, era, insieme ad alcuni parlamentari di An, tra coloro che accolsero il terrorista nero Massimo Morsello al momento del suo rientro in Italia dopo una lunga latitanza – l’ex Ss «è stato un martire, testimone di un mondo dove i valori erano diversi da quelli attuali».

Simile l’omaggio tributato dai neofascisti al responsabile dell’eccidio della Fosse Ardeatine. Già a poche ore dalla notizia della sua scomparsa, la rete si è infatti riempita di messaggi inequivocabili. Su vivamafarka, blog tra i più popolari nell’arcipelago nero, i post si sono affastellati gli uni agli altri. Si va da «Riposa nel Valhalla Capitano», di tal Silente a «Fedeltà e fierezza. Camerata Erich Priebke Presente!», postato da Yamato, fino a chi già intravede nei funerali dell’ex Ss, un’occasione propagandistica, come scrive Bogside: «La questura vieta i funerali, il Vicariato nega che vi sia una celebrazione in Centro: hanno paura di Lui anche da morto». Ma c’è anche chi paragona la tragedia di Lampedusa alla morte di Priebke, come fa Massimetto: «Ma tutta quella carità cristiana di cui si sono ammantati in questi giorni dove è finita? Se ha il passaporto argentino anche lui per loro è un extracomunitario».

A poche ore dalla morte dell’ex Ss anche Gabriele Adinolfi, figura storica del neofascismo, processato per le azioni di Terza Posizione e dei Nar e oggi considerato molto vicino a Casa Pound, ha affidato a noreporter.org il suo omaggio dal titolo «Addio Capitano». «Perdonaci di essere stata gente tanto meschina. Ti abbiamo processato tre volte, calpestando ogni più elementare nozione del Diritto», ha scritto Adinolfi, prima di aggiungere: «Tu invece hai fatto il tuo dovere di militare e, cosa più rara, hai continuato a fare quello di uomo. Ed è forse per questo che ti abbiamo mostrato tanta ostilità: nulla si odia e si teme più dell’esempio». E anche Giuliano Castellino, dirigente del partito La Destra di Francesco Storace, saluta su facebook, in Priebke un «leone che ha attraversato la Storia»: un messaggio che a dire il vero poi sparirà dal suo profilo. Altri citano la canzone che all’ex Ss è stata dedicata qualche anno fa dal gruppo skin veronese Gesta Bellica: «Nessuna pietà per chi non china la testa, nessun diritto a chi vuol dire la sua, per chi non piange e non sa rinnegare, perché è rimasto fedele all’idea. Liberate il capitano!». Infine, sempre su facebook è stata aperta una pagina, «Erich Priebke, eroe del passato e del presente» che ha raccolto oltre mille adesioni nello spazio di poche ore.

Quel che è certo è che con il suo ultimo atto Erich Priebke si è già ritagliato un posto di rilievo nel piccolo pantheon dell’estrema destra: la sua lettera di commiato alla vita da nazista irriducibile è già diventata una bandiera. Di lui, drammaticamente, sentiremo ancora parlare a lungo.