Non tira una buona aria nei porti italiani, i peggiori in Europa per le emissioni delle navi all’ormeggio. Uno studio di Transport &Environment (T&E), network di Ong per i trasporti sostenibili, ha quantificato per la prima volta le emissioni di CO2 delle navi che stazionano nei porti italiani ed europei per le operazioni di carico, scarico e rifornimento e i risultati conferiscono all’Italia il triste primato per l’anno 2018.
Il dato non fa che confermare quanto comitati di cittadini di diversi porti italiani lamentano da anni sul fronte dell’inquinamento. Il calcolo si basa sulle dichiarazioni MRV (Monitoring, Reporting and Verification) obbligatorie per le grandi navi dal 2018 nell’Ue, dalle quali si ricavano i consumi di carburante, compresi quelli dei motori ausiliari. Incrociandoli con i dati di stazionamento, T&E ha calcolato le emissioni in porto secondo un metodo validato nella letteratura accademica. Nei porti italiani oggetto dello studio, le maggiori imputate sono le navi passeggeri, che comprendono sia le navi da crociera sia la flotta dei traghetti, in Italia decisamente vetusta: insieme sono responsabili del 30% delle emissioni di CO2 agli ormeggi, seguite dalle portacontainer (28%) e dalle petroliere (14%).

Che gran parte dei traghetti che assicurano i servizi di continuità territoriale con le isole siano vecchi e quindi più inquinanti, è confermato, per esempio, dal dato di Capri: le emissioni di CO2 del suo piccolo porto risultano maggiori di quelle registrate in un porto molto più grande come La Valletta e ne sono responsabili il via vai continuo di traghetti che totalizzano il doppio delle emissioni dei traghetti a Genova o Livorno.
Secondo la rete Cittadini per l’aria, l’età media dei traghetti che fanno servizio nei porti italiani è di 24 anni (dati 2019): si va dai 17 anni della flotta Grimaldi ai 28 anni di media delle flotte Tirrenia/Moby e Toremar, ai 31 della Caremar, ai 34 anni della Laziomar, 35 anni della Siremar.
Ci voleva il PNRR per svecchiare un po’ la flotta: 250 milioni saranno destinati per nuove navi con propulsione a basso impatto ambientale e 250 milioni per dotare le unità in costruzione di impianti che riducano i consumi.

Il primato italiano delle emissioni in porto «è dovuto non solo all’elevato numero di porti, ma alla presenza di molte navi passeggeri che hanno consumi elevatissimi e tempi di stazionamento relativamente lunghi – dice Jacob Armstrong, responsabile della sostenibilità del settore navigazione di T&E – con questo studio intendiamo sottolineare che le autorità portuali, gli stati membri e l’Unione Europea non stanno facendo abbastanza per la decarbonizzazione dei porti e in questa situazione c’è chi ne approfitta per fare lobbying contro le soluzioni».
Secondo T&E, la decarbonizzazione del settore marittimo si può raggiungere applicando il regime EU ETS (Emissions Trading Scheme) ad almeno la metà delle emissioni del settore marittimo, cioè applicando un prezzo alle emissioni delle navi, così come avviene per molti settori industriali e come indicato nella strategia Fit for 55%. Inoltre, è indispensabile che le grandi navi ferme in porto possano spegnere i motori ausiliari e alimentare le attività di bordo con l’elettricità, collegandosi alle rete elettrica di terra (vedi pagina a fianco) entro il 2025 in tutti i terminal passeggeri, dal 2030 nei terminal portacontainer e petroliere e dal 2035 in tutti gli altri.

Sul fronte dei carburanti, è indispensabile l’introduzione progressiva di carburanti alternativi rinnovabili, quindi escluso il GNL (Gas naturale liquefatto), che elimina polveri sottili e ossidi, ma non le emissioni che alterano il clima. «Riteniamo scandaloso che l’UE abbia rafforzato la direttiva europea che indica di realizzare strutture per il rifornimento del GNL nella rete dei corridoi Ten-T – sottolinea Armstrong – quello di cui abbiamo bisogno non è altro combustibile fossile, ma puntare su ammoniaca e idrogeno, questo è il futuro, a questo dovrebbero servire i proventi dell’ETS».

Al futuro guardano vari comitati sorti nelle città portuali, i più esposti a livelli di inquinamento allarmanti. A Civitavecchia, che ha il porto con la maggior quota di emissioni da navi da crociera, la rete di comitati cittadini SOLE (Salute, Opportunità, Lavoro, Energia) ha messo a punto un progetto alternativo per il grande scalo crocieristico, denominato Porto Bene Comune. «Stanchi di promesse e di prescrizioni ambientali mai fatte rispettare, con l’aiuto di esperti abbiamo progettato un porto che funziona come una grande comunità energetica – ci racconta Simona Ricotti di SOLE – con le banchine elettrificate alimentate da fonti rinnovabili, impianti fotovoltaici, mini-eolico, un campo eolico galleggiante off-shore, accumuli elettrici e idrogeno verde prodotto localmente, anche come alternativa alla conversione a gas metano della vecchia centrale a carbone Enel di Torrevaldaliga, da dismettere entro il 2025. Il nostro progetto è già stato inviato al ministero».

Per Savona, dove il comitato Porto Elettrico si batte da anni per l’elettrificazione delle banchine, nel 2021 l’Autorità portuale si è decisa a presentare un progetto, ma secondo Antonella Fabri, presidente del comitato «non sappiamo se verrà effettivamente realizzato. Le compagnie di navigazione ora chiedono sconti sul prezzo dell’elettricità, altrimenti si rifiuteranno di usare l’energia da terra, ma Arera non sembra disposta a concederlo». Ad Ancona, altro porto storico attanagliato da emissioni, polveri e traffico, un comitato locale si batte affinché il terminal traghetti venga spostato nella zona industriale e contro l’ampliamento del molo Clementino dove verrebbe realizzato un nuovo attracco per maxi navi da crociera.

I video dei fumaioli delle navi che nei porti disperdono fumi con varie nuances di grigio, nero o rosso si sprecano nei canali social dei comitati. Secondo il capo del servizio tecnico navale di Confitarma (armatori di Confindustria), Fabio Faraone «la fumosità dei motori è purtroppo un problema intrinseco, dovuto alla peculiarità dei motori delle navi, che si verifica soprattutto nelle fasi di manovra. Con le navi a GNL, che deve essere un combustibile fossile di transizione, non si emette né particolato né ossidi di azoto o di zolfo. Esistono anche traghetti a zero emissioni in porto, come i traghetti Grimaldi a zero emissioni in porto, alimentati a batteria, navi modernissime».
Sono le navi modernissime che i Cittadini per l’aria vorrebbero veder attraccare in tutti i porti. Per le altre chiedono controlli più serrati, da fare anche con i droni già impiegati in altri porti europei: lo hanno scritto in una lettera inviata ieri al ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, firmata assieme ad una dozzina di gruppi e associazioni.

Incoraggianti notizie arrivano sul fronte dell’istituzione nel Mediterraneo dell’area SECA (Sulphate Oxides Emission Control Area) che dovrebbe finalmente essere istituita in giugno per entrare in vigore nel 2025. Dopo l’appello di 25 sindaci di città mediterranee della scorsa settimana (tra i quali quelli di Genova, Palermo e Siracusa), a suo favore si è espresso il presidente di Cipro, Nicos Anastasiades, che ha rilanciato affinché si avvii un simile negoziato anche per la creazione di un’area NECA per il controllo degli ossidi di azoto (NOx), che sono in assoluto i più nocivi per la salute.