A lungo annunciate come la pioggia in autunno, sono infine arrivate le sanzioni della Ue per l’avvelenamento dell’oppositore russo Alexey Navalny. I paesi europei hanno posto sulla lista nera alcuni funzionari di altissimo livello del Cremlino. Si tratta, in particolare, di uno dei bracci destri di Vladimir Putin, Sergey Kirienko, del direttore del Fsb Alexander Bortnikov e di due viceministri della difesa.

A SORPRESA INSERITO nella lista, ma non per l’uso dell’agente nervino, Yevgeny Prigozhin, soprannominato «il cuoco di Putin», accusato di essere alla testa di Wagner, l’agenzia di foreign fighters russa da anni attiva in Siria, Libia e in alcuni paesi africani.

A differenza che nel caso Skrypal non ci sono stati mal di pancia e i 27 hanno votato all’unanimità il blocco totale di movimento fisico e finanziario contro i cinovinki (funzionari di alto livello) russi. A cui si è associato il Regno unito, seguito nelle prossime ore da Canada e Australia.

Sostanzialmente di basso profilo la reazione russa affidata al portavoce del Cremlino Dmitry Peskov che ha definito le sanzioni Ue «un deliberato passo ostile nei confronti della Russia». Si meditano contromosse, dice. Tuttavia Mosca non ha alcun interesse ad alzare il tono della polemica visto che spera ancora di salvare ciò che le interessa di più: la realizzazione del gasdotto russo-tedesco North Stream 2.

LA «GEOPOLITICA DI NOVICIOK» resta comunque avvolta dal mistero. Il primo e più celebre caso fu quello dell’avvelenamento di Sergey Skripal, un ex agente dei servizi russi, e di sua figlia Yulia a Salisbury il 4 marzo 2018. L’attentato fece molto discutere perché avvenuto alla vigilia dei mondiali di calcio a Mosca e perché l’allora premier britannica Theresa May indicò nel Fsb russo, immediatamente e senza alcun dubbio, l’autore e il mandante dell’azione.

Nei mesi successivi si dimostrò che MI5 aveva individuato sin da subito due sospetti. Si trattava di due russi giunti a Londra proprio nei giorni dell’attentato e che si erano recati durante il loro soggiorno inglese nella cittadina, come documentavano le telecamere.

I due, rintracciati in Russia, si difesero in tv affermando di essere imprenditori del fitness in vacanza, con la passione per la storia dell’arte, tanto da spingerli a passare buona parte del loro soggiorno a visitare la «celebre cattedrale di Salisbury». Più tardi venne anche alla luce che la coppia di amici aveva cambiato nome anni addietro. Erano già stati membri delle strutture della difesa russa.

IL CASO NAVALNY non è così lineare e per ora gli accusatori, Francia e Germania in primo luogo, non hanno fornito prove del coinvolgimento diretto di strutture governative russe. Navalny, venendo a contatto con l’agente nervino – come Skrypal – non è deceduto e il veleno, in questo caso, non ha in alcuno modo provocato effetti drammatici sull’ambiente circostante.

Durante il caso Skrypal, dopo la morte di un cittadino e il ricovero di alcuni altri che erano entrati in contatto con Noviciok, si dovettero isolare intere zone della città per impedire la diffusione della polvere chimica. Nel caso Navalny nulla di ciò è stato necessario, né nell’Hotel di Tomsk dove il blogger russo sarebbe entrato in contatto con la micidiale sostanza né in aereo.

Si è parlato di «nuovo Noviciok» dagli effetti più circoscritti: significa che Navalny doveva essere solo «ammonito» e non assassinato? O cos’altro? Le autorità russe inoltre affermano che le bottigliette d’acqua analizzate dai laboratori in Germania erano state trasportate direttamente dalla Russia da collaboratori di Navalny e non sarebbero mai passate dagli scanner degli servizi aeroportuali, sollevando ulteriori domande sulla dinamica di quanto avvenuto il 20 agosto in Siberia.

PERCHÉ LA SCIA di Noviciok non si ferma al triangolo Mosca-Berlino-Londra. In questi anni un agente nervino della stessa famiglia di quello usato a Salisbury e Tomsk è stato utilizzato almeno un altra volta in Bulgaria nel 2015 e gli uomini intorno a questa vicenda si sono mossi spesso anche tra Montenegro e Svizzera. Segno forse che ancora mancano molti pezzi del puzzle.