Agente nervino del gruppo Novichok. Il test tossicologico del laboratorio speciale dell’esercito tedesco ieri ha sciolto il primo “mistero” sul caso di Alexej Navalny identificando «senza ombra di dubbio» la tossina con cui è stato avvelenato l’oppositore di Putin.

«Il governo federale condanna questo attacco con la massima fermezza» scrive il portavoce di Angela Merkel, Steffen Seibert, che ha comunicato via Twitter il risultato dell’analisi chimica commissionata dai medici del policlinico universitario della Charitè.

Ora la cancelliera pretende «una spiegazione rapida e completa» da Mosca, mentre il ministro degli Esteri, Heiko Maas, ieri pomeriggio ha convocato «con la massima urgenza» l’ambasciatore russo Sergej Netschajew a cui ha chiesto formalmente «chiarimenti».

MA NON BASTA. Dopo avere riunito i ministri Annegret Kramp Karrenbauer (Difesa), Olaf Scholz (Finanze), Horst Seehofer (Interni) e Christine Lambrecht (Giustizia), più la responsabile della cancelleria Helge Braun «per concordare le prossime mosse politico-diplomatiche», Merkel ha fatto sapere di avere investito del “caso Navalny” l’Ue e anche la Nato per stabilire «una risposta comune tra gli alleati». Oltre ad avere notificato l’esito del laboratorio militare allo spagnolo Fernando Arias, direttore generale dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche con sede a L’Aia.

«Navalny è vittima di un atto criminale. E questo crimine è diretto contro i valori e i diritti fondamentali che la Germania rappresenta» scandisce la cancelliera «sgomenta per il risultato dell’analisi tossicologica che pone domande molto serie alle quali solo il governo russo può e deve rispondere. Il mondo intero aspetta la replica di Mosca».

Parole di fuoco, sintomatiche della profondità della crisi diplomatica e di una controffensiva senza precedenti nelle relazioni russo-tedesche, già pesantemente minate dalle ingerenze dei servizi di intelligence di Mosca in Germania: dal recente spionaggio delle utenze riservate di Merkel all’omicidio (in pieno giorno, a due passi dalla cancelleria) del dissidente georgiano Zelimkhan Khangoshvili da parte di un sicario nell’orbita dell’ex Kgb nell’agosto 2019.

«Non siamo stati informati dei risultati del test tedesco. I dati non sono stati ancora portati alla nostra attenzione» è la secca risposta (via agenzia Tass) di Dmitri Peskov, portavoce del presidente Putin, che respinge così al mittente le accuse di avvelenamento formulate a Berlino.

TUTTAVIA, LA PISTA del Novichok conduce dritta come un fuso in Russia. L’agente nervino incriminato è esattamente lo stesso utilizzato nel tentativo di “liquidare” l’ex colonnello del Gru, Sergei Skripal, e sua figlia Julija a Salisbury il 4 marzo 2018.

All’epoca il ministro alla Sicurezza del Regno Unito, Ben Wallace, puntò l’indice direttamente contro Putin, mentre l’ex premier Theresa May non esitò a bollare gli avvelenatori come ufficiali del servizio segreto militare russo, nonostante anche allora Mosca si dichiarasse del tutto estranea ai fatti contestati.

Coincidenza più che sospetta, rilanciata ieri pure da Jürgen Hardt, responsabile Esteri del Gruppo Cdu-Csu al Bundestag. «L’analisi del laboratorio della Bundeswehr non lascia alcun margine di dubbio: Navalny è stato avvelenato con un agente nervino molto efficace, proprio come Skripal prima di lui. Ciò conferma in pieno i nostri peggiori timori. Soprattutto perché questa tossina è molto difficile da ottenere attraverso i normali canali e può provenire solamente da laboratori con un altissimo grado di specializzazione».

NON È ANCORA la “pistola fumante” in grado di inchiodare Mosca, ma un indizio pesante come un macigno comunque in grado di innescare la reazione a catena che immagina Merkel. All’orizzonte si profilano nuove sanzioni per la Russia e, nel caso della Germania, anche il “rallentamento” della tabella di marcia per il raddoppio del gasdotto Nord Stream che serve come il pane a Berlino ma è ancora più imprescindibile per Putin in chiave anti-Ucraina.