Tutto comincia lo scorso luglio quando il ministro della cultura russo, Vladimir Indigskaya, nomina alla guida del Museo del cinema, Musei kino di Mosca un nuovo direttore, Larissa Solonistyna, redattrice capo di SK Novosti, l’organo di stampa dell’Unione dei cineasti russi, al posto di Naum Kleiman, direttore del Museo da venticinque anni. Non si tratta di una «semplice» sostituzione, o della rottamazione del vecchio per il nuovo. Kleiman, storico, critico, figura leggendaria e memoria del cinema russo e sovietico del Museo è stato il fondatore, e se ne prende cura con infaticabile ostinazione da decenni. È stato grazie a lui se il Museo è riuscito a mettere insieme un patrimonio inestimabile, compreso il fondo Sergej Eizenstein nonostante l’indifferenza, se non l’ostilità della politica.

 

 

Ma, appunto, Kleiman è da sempre poco gradito ai poteri vecchi e nuovi del suo paese, specie a quelli della Russia putiniana. Non è la prima volta che viene preso di mira: qualche anno fa nei locali del Museo si pensava di fare una sala giochi, e l’allora presidente dell’Unione dei cineasti Mikhalkov aveva duramente attaccato la sua tenace resistenza.
Nel «passaggio di consegne» a Kleiman era stato proposto il ruolo di presidente dell’istituzione che lui – come ha raccontato in un’intervista al quotidiano francese Le Monde – ha accettato di buon grado: «Volevo collaborare ma in poco tempo ho capito che la nuova direzione aveva un obiettivo preciso, solo che io non sapevo quale».
I collaboratori più stretti di Kleiman vengono licenziati, e alle sue domande di chiarimento non riceve alcuna risposta. Una cosa è certa, la sua nuova carica è puramente formale: «Non avevo più alcun peso sulle decisioni relative il Museo» dice.

 

 

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Il 27 ottobre tutti i lavoratori del Museo si dimettono in segno di solidarietà, mentre la petizione lanciata in suo sostegno viene firmata in tutto il mondo da conservatori, registi, attori come Tilda Swinton a direttori di Festival tra cui Alberto Barbera per la Mostra di Venezia. Tutto questo però non è servito a nulla. Dopo un braccio di ferro andato avanti mesi, Kleiman ha deciso di dimettersi. Lo ha annunciato con una lettera pubblica, nella quale, ringraziando tutti per la solidarietà manifestata scrive: «Le vostre firme ci hanno dato coraggio e ci hanno permesso di prendere le misure della nostra responsabilità. Grazie a voi è nata un’associazione informale degli amici del Museo del cinema».

 

 

Già perché ora la preoccupazione maggiore è proprio il destino del Museo. Kleiman continuerà a fare parte del comitato scientifico mentre alcuni dei conservatori e degli archivisti dimissionari sono stati reintegrati ai loro posti. «La loro competenza – scrive Kleiman – è unica al mondo, e tutti loro sanno che il modo migliore per proteggere il Museo è tornare ai loro posti. Andarsene comporterebbe il rischio di essere rimpiazzati da incompetenti, mettendo così in pericolo un lavoro di venticinque anni». E aggiunge: « L’amore e la cura possono contrastare l’avidità, la mediocrità, la sete di vendetta e di potere, la forza bruta. È la lezione che ci da il cinema, la bellezza che si deve conservare per il futuro e mostrare nel presente».