Proprio a un anno dal contestato accordo con il quale l’Unione europea concesse 6 miliardi di euro e aperture politiche alla Turchia a patto che Erdogan accogliesse i migranti giunti sulle isole greche, nel mare Egeo un barcone è naufragato provocando la morte di undici persone, al largo della località costiera turca di Kusadasi. Nove i superstiti recuperati in mare, mentre due migranti sono riusciti a raggiungere a nuoto la costa ma sono stati bloccati con l’accusa di essere gli scafisti. Le immagini delle tv turche hanno mostrato i corpi stesi sulla spiaggia e l’arrivo di numerose ambulanze. Si tratta della più grave tragedia del mare degli ultimi mesi nell’Egeo, dove il flusso di migranti diretti in Grecia dalla Turchia è calato drasticamente dopo l’intesa tra Ankara e Bruxelles, in base alla quale l’Ue ha ritenuto la Turchia un paese sicuro in cui richiedenti asilo e rifugiati possono stare tranquilli.

Ma per Amnesty International oltre a non rispettare i diritti dei rifugiati nel suo territorio, la Turchia è ad alto rischio perché rinvia le persone verso Paesi in cui corrono il pericolo di subire violazioni dei diritti umani. Amnesty ha documentato che alla fine del 2015 e all’inizio del 2016 richiedenti asilo e rifugiati che si trovavano in Turchia sono stati rimandati esattamente incontro a quel rischio in Afghanistan, Iraq e Siria.

È GIALLO, INVECE, su un altro naufragio: questa volta davanti le coste libiche. Due i gommoni coinvolto, 240 le persone ritenute disperse. A lanciare l’allarme è stata la portavoce della ong spagnola Proactiva Open Arms, Laura Lanuza, dopo il recupero, due giorni fa, di sei cadaveri africani, uno dei quali è stato ripescato dall’imbarcazione della ong Juventa, che collabora alle operazioni di salvataggio nella zona. Proactiva Open Arms non ha indicato quando si sarebbe verificata la tragedia ma ha precisato che i cadaveri sono stati ritrovati a 21 km a nord da Sabrata, assieme ai resti di due gommoni. Hanno tutti un’età compresa tra i 16 e i 25 anni e sembrano essere morti per annegamento, in quanto non mostrano segni di violenza, ha proseguito la portavoce, aggiungendo che si cerca un terzo gommone.

«Ogni imbarcazione di questo tipo – sostiene Lanuza – può contenere 120 persone, ma i trafficanti di uomini di solito li riempiono a dismisura e non si esclude che le due imbarcazioni possano avere avuto a bordo almeno 240 persone». Dalla guardia costiera italiana non arrivano conferme, spiegano che da giorni sono numerose le operazioni di soccorso e che una delle navi che opera nel tratto di mare tra Libia e Italia, la Golfo Azzurro della ong Open Arms, ha recuperato cinque cadaveri, ma non sono stati raccolti elementi, né sono arrivate chiamate di soccorso, che possano far pensare ad un grande naufragio. La Golfo Azzurro, con a bordo, oltre i cadaveri e alcune centinaia di migranti tratti in salvo, arriverà oggi nel porto di Catania.

LA NOTIZIA DELLA PRESUNTA tragedia arriva proprio nel giorno in cui un tribunale libico ha di fatto bloccato l’intesa tra Italia e Libia per fermare il flusso di migranti, raggiunta all’inizio di febbraio per aiutare le autorità libiche a contrastare i trafficanti di esseri umani e ridurre così gli arrivi sulle coste italiane. L’intesa era stata sottoscritta solo con il governo del premier Fayez Al Sarraj insediato a Tripoli con il sostegno dell’Onu: ma il parlamento, controllato da sostenitori dell’uomo forte della Cirenaica, il generale Khalifa Haftar, lo considera nullo. A segnalare lo stop del tribunale di Tripoli è stato il sito Libya Herald, spiegando che la Corte ha «bloccato qualsiasi accordo sui migranti derivante dal memorandum of understanding (MoU)». Il portale ha avvertito che «resta non-chiaro» quale sarà l’impatto del pronunciamento sull’accordo.

IL RICORSO ERA STATO presentato da «sei persone fra cui l’ex ministro della giustizia Salah Al-Marghani», ricorda il sito, precisando che la contestazione riguardava non solo il piano per ridurre il flusso di migranti, ma anche la legittimità degli accordi stipulati dal governo di Sarraj che non ha la fiducia del parlamento di Tobruk. Il riferimento è allo stallo creatosi con parte dell’assemblea che chiede di attribuire un ruolo determinante al generale Khalifa Haftar, che si contrappone a Sarraj.

La «rotta mediterranea centrale», quella che porta in Italia, è privilegiata dai trafficanti di migranti dopo la chiusura di quella balcanica. Un tratto di mare difficile, soprattutto nei mesi invernali, che comporta inevitabili naufragi e morti. Solo l’anno scorso hanno perso la vita quasi 4.600 persone e nel 2015 più di 2.850. Dal 2014 le vittime accertate sono state oltre 10 mila, ma le cifre reali sono sicuramente più alte. Secondo l’organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim) dall’inizio dell’anno al 22 marzo sono 559 i migranti morti in mare. Nello stesso periodo, precisa l’Oim da Ginevra, 25.170 migranti e rifugiati sono entrati in Europa via mare, l’80% dei quali in Italia, il resto in Spagna e Grecia.