La domenica di pasqua intorno alle 13.50 l’ong Alarm phone ha perso il contatto una prima volta con il gommone con a bordo 55 naufraghi. Ieri il battello vagava ancora nel Mediterraneo al largo di Malta senza alcun salvataggio in vista. «Le condizioni meteo sono terribili e la nostra speranza che siano ancora vivi sta diminuendo», scrivevano i volontari sui social.

GLI AEREI MILITARI de La Valletta lunedì notte avevano avvistato il gommone, il centro di coordinamento aveva diramato un avviso e l’Ivan, un cargo battente bandiera portoghese, li aveva raggiunti: il mercantile si è avvicinato ma, constatata l’impossibilità di effettuare il salvataggio, ha proseguito verso nord. «Malta è legalmente responsabile per i casi di pericolo nella sua zona Sar – l’accusa di Alarm phone – e sta agendo illegalmente. Ma l’Italia può soccorrere ed è ugualmente responsabile di lasciare 55 persone morire a poche miglia dalla sue coste. Speriamo siano vivi, i familiari ci chiamano preoccupati». Entrambi i paesi hanno chiuso i porti invocando l’emergenza Covid-19 così la sorte di chi si mette in mare è diventata ancora più incerta. «Assetti aerei continuano a cercare il gommone – si legge in un altro post dell’ong -. Le autorità erano informate della sua posizione precisa da sabato. Esigiamo soccorso immediato, non solo sorveglianza aerea».

UN NUOVO AVVISTAMENTO nel pomeriggio, nel mezzo della burrasca. Mediterranea saving humans ieri si è appellata a Roma: «Non ci risulta che le autorità maltesi abbiano effettuato il soccorso. La Valletta non sta fornendo alcuna informazione. Chiediamo al governo italiano di ordinare alla nostra Guardia costiera di intervenire, anche fuori dalle acque territoriali». E il parlamentare Erasmo Palazzotto: «Sono in balia di onde alte due metri da 5 giorni. Malta non interviene. Chiedo al governo italiano di farlo». Barconi lasciati alla deriva, un gommone con 85 persone a bordo di cui non si hanno più notizie (l’ong Sea Watch teme che siano annegate), ieri la ministra dei trasporti Paola De Micheli non ha fatto una piega: «Abbiamo il Mediterraneo sotto controllo».

IL GOVERNO MALTESE, d’altro canto, ha chiesto all’Ue di lanciare «immediatamente una missione umanitaria in Libia per frenare il flusso migratorio illegale durante la pandemia». La proposta è distribuire cibo e aiuti medici per almeno 100 milioni di euro: «Si stima che oltre 650mila persone siano in attesa di lasciare le coste libiche per raggiungere l’Europa – è scritto nella nota -. Consegnare aiuti in Libia, e non nei paesi di partenza, è il modo più rapido per minimizzare le difficili circostanze in cui stanno vivendo». Altri soldi quindi per bloccarli nell’inferno libico.

L’OIM però ricorda cosa sta accadendo: ieri mattina oltre 200 migranti trattenuti nel porto di Tripoli sono fuggiti da una struttura della Guardia costiera durante un bombardamento. «Siamo a un punto di rottura – ha spiegato il capo della missione Oim, Federico Soda -. L’intensificarsi del conflitto associato al Covid-19 sta esercitando una pressione senza precedenti sui migranti, sugli sfollati libici e su coloro che cercano di aiutarli». L’Oim ha costantemente chiesto alternative allo sbarco in Libia e allo smantellamento del sistema di detenzione arbitraria.

AL LARGO DI PALERMO sono arrivati i 149 salvati dall’Alan Kurdi, dell’ong Sea Eye, ieri è stata la nona notte a bordo: «Nessuno presenta sintomi del virus – racconta la dottoressa che li segue -. Le patologie con cui mi devo confrontare sono mal di testa, mal di denti, mal di schiena, stress psicologico». La Protezione civile ha spiegato: «Il capo dipartimento delle libertà civili sta lavorando per individuare le soluzioni sia per effettuare le quarantene sulle navi che per trovare strutture a terra».

LA MINISTRA DE MICHELI in mattinata aveva dato per certa la scelta della nave mentre sul gommone con 85 persone a bordo aveva tirato dritto: «Sia Frontex che la Guardia costiera hanno ribadito che non ci sono stati naufragi». La mattina di pasqua un aereo Frontex ha avvistato un gommone semiaffondato: secondo le autorità italiane si tratta dei resti di un’operazione della Guardia costiera di Tripoli e non del mezzo su cui viaggiavano i naufraghi. Ma Sea Watch spiega: «Non sono note attività di soccorso libiche, maltesi, italiane o di altri assetti tra venerdì e lunedì scorso».