Schizoidi. Ossessivi. I Talibam! alla caccia dell’estremo messaggio di Sun Ra (argomento del festival Ai confini tra Sardegna e jazz) si uniscono a due improvvisatori radicalissimi e ne esce un set di suoni duri, pazzi, con andamento molto molto serrato. La ormai celebre coppia dell’avanguardia impro-punk-rock formata dal batterista Kevin Shea e dal tastierista Matt Mottel si mette in quartetto con il trombettista Peter Evans e con il sassofonista Alan Wilkinson. Dapprima sembra di ascoltare la riedizione di una seduta tipica della new thing americana ed europea anni ’70, ma satura di cliché. Ci si accorge presto che non è così. Anche se il ricordo della frenesia free è ben vivo nel gruppo. Ma dalle tastiere arrivano sequenze disordinate/impudiche/trasgressive qua e là tayloriane con sonorità distorte e tecnologiche, e dalla batteria un pirotecnico «crescendo continuo» che ha qualcosa ma poco da spartire col drumming dei Sunny Murray o Paul Lytton d’epoca.
Succede, quindi, che ci sia più «giungla» che nella  free improvisation classica, mentre la tastiera sventata-astrale richiama il nume tutelare della serata e del festival, Sun Ra, e lui non aveva niente di classico, non aderiva a una scuola o a uno stile o a un’abitudine performativa. E poi c’è Peter Evans. Con questo solista il gioco vale sempre la candela. Note-squilli, come da fanfara di rivolta, di barricata, lanciano occasionali passaggi puntillisti. Se si può definirlo cerebrale è perché ama il pensare accanito e puntuto. Peccato che non lo eguagli in originalità quel Wilkinson che suona sempre sui sovracuti esasperati del suo sax baritono, ayleriano-brötzmaniano di maniera.
Natural Information Society è il nome che Joshua Abrams ha dato al trio che presenta qui a Sant’Anna Arresi. Di formazione il musicista di Chicago è un contrabbassista, ma suona il suo strumento-base solo una volta nel corso del lungo set del gruppo. Per il resto suona il guimbri, una specie di banjo a tre corde usato nella musica tradizionale nord-africana. Molto amplificato, s’intende. Con lui un batterista che si vorrebbe definire geniale ma si esita a farlo perché la parola «genio» è usurata ed equivoca. Strepitoso, fantastico, magnifico, trovate voi il termine adatto. Si chiama Chad Taylor, lo si conosce bene per via del Chicago Underground Duo che forma con Rob Mazurek, atteso protagonista del festival sardo. Il piccolo ensemble è completato da Lisa Alvarado all’harmonium, moglie di Abrams. Curiosa artista che sul palco mostra una timidezza mai vista: non un sorriso, non un cenno verso il pubblico che applaude, una «bella assente».
Scoperta favolosa la musica della Natural Information Society. Un percussivo integrale, un «afro» primitivo-metropolitano integrale, ottenuto da Abrams e Taylor con figurazioni elementari variate al loro interno in maniera impercettibile (quasi da filosofia minimal), figurazioni scandite ripetute che si sommano e si incastrano, viene sottilmente integrato e in certo senso contraddetto da sommesse frasi a onda sonora di Alvarado. Strane intermissioni che assumono un tono metafisico nel mezzo del pulsare secco, elastico, tribale dei due partner. L’harmonium si insinua un po’ come un fantasma, come un ospite discreto e inquieto. Musica con potere ipnotico, disegno d’insieme perfettamente compiuto.
Ma Abrams torna al suo contrabbasso nel supergruppo diretto dal batterista Mike Reed e dal vibrafonista Jason Adasiewicz. Nove solisti di vaglia. Tre (Taylor Ho Bynum alla cornetta, Mary Halvorson alla chitarra, Ingrid Laubrock al sax tenore) vengono dalla scuola di Anthony Braxton e collaborano attivamente con lui, gli altri sei (oltre ad Abrams, Reed e Adasiewicz abbiamo Greg Ward al sax alto, Tomeka Reid al violoncello e Tomas Fujiwara alla batteria) sono esponenti illustri della «seconda ondata» del jazz di punta chicagoano. Sono impegnati ad esporre il loro «racconto in musica» intitolato Living by Lanterns. New Myth/Old Science (stesso titolo del cd Cuneiform, 2012). Le composizioni e gli arrangiamenti dei due direttori si basano su materiali inediti (composizioni e improvvisazioni) di Sun Ra.
Grande musica in parecchi episodi. Ward in assolo è come dire: la parola espressione ha un senso nella contemporaneità (ri-creazioni avvincenti di hard bop e free). Le due batterie sono una costante di pathos e vengono magistralmente differenziate (singolarità di Reed e Fujiwara, uno più lineare l’altro più dedito alla variazione). Il brano finale è da antologia: preludio a due con Reid e Adasiewicz «informali» inventori di radicali riflessioni, entrata degli altri con un tema graziosissimo old-style, morbido e dinamico. L’estasi è possibile, quindi. Ma nella squadra di tutte stelle, Laubrock e Halvorson sono solo brave studentesse.