Siamo in uno dei paesaggi più complessi, per storia e scenografia, della Sardegna. Tracciato da racconti e incisioni dall’Ottocento, seguito da diversi occhi europei, con quelli inglesi a privilegiare le focali del megalistismo. Nei primi del Novecento il racconto fotografico dell’archeologo Thomas Ashby coglieva con la sua Watson&Sons la memoria del paesaggio e il carattere di Macomer e del Marghine, riproduceva in scatti brumosi un betilo mammellato nuragico dell’area di Tamuli: uno dei tanti luoghi che definisce, con l’attività di valorizzazione dei nuovi lavoratori cognitivi, i legami fra paesaggio, storia e lavoro. Pregiato, come quello legato alla produzione agricola e casearia, all’artigianato, ai transiti di persone e visite attente, allo snodo verso ogni regione della Sardegna. Forse era un antico mercato fenicio o punico, come denuncia il toponimo semitico. Una quantità impressionante, assai visiva, di nuraghi. Romanità e medioevo, ragnatele di architetture a secco.

Che tutto ciò possa diventare ricchezza stabile pretende pulizia di aria e saperi, cibi genuini di campi e pascoli, non diossine. Bisognerebbe non localizzare in zone così pregiate un inceneritore. Soprattutto ripensare globalmente la maniera di produrre rifiuti, perseguire quell’aumento della parte riclicabile che rende progressivamente inutili, dispendiosi, presto obsoleti questi carissimi bruciatori di mondezza che dànno fumi e particelle velenose, poca occupazione e molti utili per pochi potenti. Finirla di scaricare sui lavoratori, che hanno diritto al posto di lavoro per mantenere se stessi e le proprie famiglie, gli oneri di un sistema sbagliato e nocivo.

Eppure ritornano. L’inceneritore stoppato dal Tar il 15 luglio scorso (il manifesto, 22 luglio), viene riattivato dal Consiglio di Stato, su ricorso della Regione Sardegna e del Consorzio industriale di Macomer. Quaranta milioni di spesa, un piano regionale dei rifiuti in febbrile modifica ancora da approvare, il secondo polo di smaltimento rifiuti sardi a Macomer, a fianco di quello campidanese, mentre scompare quello previsto a nord.
Una sentenza (21 ottobre, IV sezione) rapida e bipolare: il Consiglio di Stato non si esprime sulla questione, dice che ci sono “sotto il profilo del ‘fumus”, ovvero della fondatezza, “delicate problematiche da vagliare nella pertinente sede di merito”. “Con sollecitudine”, indicando la prima metà del 2017. Ma annulla la sentenza del Tar perché “sotto il profilo del periculum nel bilanciamento degli interessi è prevalente quello dell’Amministrazione a proseguire nel progettato ampliamento, tanto più che allo stato non sono state dedotte problematiche di danno ex art. 32 della Costituzione o gravi pericoli di compromissione ambientale (evenienze, queste, escluse dalla stessa sentenza impugnata)”. Insomma, nessun danno a salute e ambiente, appoggiandosi alla stessa sentenza del Tar che bloccò il progetto per ragioni finanziarie e amministrative.
Secondo i giudici l’aumento dei tumori nel territorio interessato riguarderebbe eventi non causati da problemi ambientali. Serie analisi mediche dicono il contrario. Le ricerche indicano la relazione assai probabile fra tumore e ambiente, anche nel tumore alla mammella.

Il contestato nuovo termovalorizzatore di Tossilo è respinto da numerosi sindaci dei vicini territori, osteggiato da un ampio ventaglio di associazioni – ‘Non bruciamoci il futuro’ è il suggestivo nome di una delle più attive -, cittadini organizzati, partiti indipendentisti e movimenti progressisti, che si ritroveranno il prossimo 29 ottobre alle 10.30, con appuntamento lanciato dagli indipendentisti di Libe.ru, davanti al vecchio impianto.

Una battaglia tutt’altro che chiusa, con qualcos’altro da sottolineare: al di là della discussione sui modelli, si afferma una pratica di democrazia. La percezione del luogo come bene comune aumenta, le persone fanno battaglia, da altri luoghi arrivano per sostenerla. C’è Arborea, che ha vinto il suo braccio di ferro con la Saras, i movimenti che contrastano l’invenzione della chimica verde e il mascheramento Eni nella Nurra. O ancora chi ha sconfitto il termodinamico che mangia territori agricoli a Cossoine, chi si appresta a contrastarlo di nuovo nel Campidano. Il fronte contrario all’Airgun.

Ho insegnato per molti anni tutela dei beni culturali e del paesaggio, il senso che si deve trovare, e capire. Una cosa ho sempre sottolineato ai miei studenti parlando delle leggi del 1939, del 1985 o di quelle più recenti: non c’è vincolistica sufficiente a proteggere un luogo senza la partecipazione attiva delle comunità nell’occuparsi di esso. Quando serve, nel difenderlo con forza. Perciò è importante il segnale della manifestazione del 29 a Tossilo. Ci andrò perché è un dovere di cittadinanza, una lezione aperta da dare e ricevere.