Altro che «sfondamento a sinistra». Certo la conquista di tanti cuori e anime della working class è un dato di fatto, ma il successo politico e culturale, in parte almeno si potrebbe arrivare a dire l’egemonia, delle nuove destre arriva dalla radicalizzazione del mondo conservatore, da quell’abbraccio tra establishment e tesi estremiste che da Trump a Orbán, dalla Gran Bretagna di Boris Johnson all’Austria dell’(ex) cancelliere Sebastian Kurz indica come lo scenario peggiore e un tempo improbabile sia oggi parte dell’orizzonte. Del possibile e del presente. Questa la tesi alla base del volume Le nuove destre. Un’analisi globale del conservatorismo radicalizzato (Leg edizioni, pp. 128, euro 14, traduzione di Raffaella D’Auria) che la politologa austriaca Natascha Strobl, tra le maggiori studiose del radicalismo nero europeo e collaboratrice di testate come Standard, Zeit online e taz presenta oggi a Gorizia nell’ambito del festival èStoria dedicato quest’anno ai «fascismi».

Il suo libro muove dall’idea che le tesi e il peso politico dell’estrema destra crescano in Occidente grazie alla «radicalizzazione dei conservatori». Quali le basi sociali e gli esempi concreti di questa trasformazione?
Con la formula di «conservatorismo radicalizzato», l’espressione politica del fenomeno sociale descritto come «borghesia grezza» (in tedesco «rohe Bürgerlichkeit») dal sociologo tedesco Wilhelm Heitmeyer, descrivo una visione autoritaria ed elitaria della società guidata da un concetto neoliberista di performance che stigmatizza coloro che non sono in grado o non sono considerati «all’altezza» di parteciparvi: i beneficiari di prestazioni sociali, i rifugiati e via dicendo. Nel caso austriaco, mentre le forze di destra come il Partito della Libertà (Fpö) – già guidato dallo scomparso Jörg Haider, ndr – sono radicate tra la piccola borghesia e la classe operaia, i conservatori radicalizzati, come il Partito popolare, l’Övp, hanno un appeal più ampio, che include anche i ceti medio-alti. La loro radicalizzazione si esprime con l’adozione di tematiche un tempo appannaggio dell’estrema destra, come le critiche all’immigrazione, all’Islam, ai diritti delle minoranze. In genere, la differenza tra i conservatori e gli estremisti risiede sia nello «status» che nell’«habitus». Perciò, in quanto partito affermato, presente negli esecutivi perlomeno degli ultimi trent’anni, l’Övp, i popolari, traggono profitto da questo loro essere parte dell’establishment, ma al tempo stesso si atteggiano a forza anti-sistema. Malgrado facesse il ministro da diversi anni, l’ex cancelliere e presidente dell’Övp Sebastian Kurz ha affermato di essere il leader di un movimento che portava in politica un «nuovo stile»: si è presentato come un outsider, un ribelle che avrebbe combattuto il «sistema» superato della «vecchia» politica.

La politologa austriaca Natascha Strobl

L’emergere delle nuove destre e il processo di radicalizzazione di una parte del mondo conservatore deve molto all’attivismo dalla cosiddetta Nouvelle Droite culturale. Un progetto che dopo la sconfitta delle tesi dell’estrema destra nel 1945, ha teso a sdoganare nuovamente e sotto altre forme l’idea della non uguaglianza degli esseri umani. Cosa ne pensa?
Credo che non si sottolinei mai abbastanza l’importanza della Nouvelle Droite per tutti questi passaggi. È da lì – dalla metà degli anni Settanta prima in Francia e quindi a livello globale, ndr – che data il punto di partenza del ringiovanimento dell’estrema destra europea e il contributo decisivo per rendere accettabile il razzismo alle persone che consideravano troppo primitivo il crudele razzismo biologico dei nazisti. Cominciare a parlare di «culture» invece che di «razze» ha fatto così apparire le idee razziste e nazionaliste come qualcosa di «intellettuale», come parte di un possibile dibattito. Inoltre, il cuore strategico del progetto della Nouvelle Droite, la «metapolitica», ha attratto una parte della borghesia accademica che già si considerava come un’élite culturale che per questo avrebbe dovuto naturalmente anche guidare e influenzare la società. Va sottolineato che l’ascesa di quest’area e delle sue idee è anche il risultato di ciò che il già citato Heitmeyer chiama «capitalismo autoritario» che ha dominato il mondo dopo l’89. La globalizzazione e l’attuazione di logiche neoliberiste in ogni parte della nostra vita ha portato ad un allontanamento dalla democrazia e dalle sue istituzioni. La sinistra non è riuscita a stabilire una nuova narrativa positiva, al contrario, i partiti socialdemocratici in Gran Bretagna e Germania hanno partecipato a quest’affermazione del neoliberismo con il loro passaggio alla «terza via». La destra offriva invece sicurezza in un mondo insicuro, glorificando qualcosa che non poteva essere conquistato ma solo posseduto in base all’eredità genetica e culturale: l’identità.

Lei ha dedicato anche uno studio al movimento degli «identitari» che rappresenta un po’ il volto nuovo della destra radicale ed è particolarmente attivo nei Paesi di lingua tedesca e in Francia. Quali le loro coordinate ideologiche e i rapporti con la politica istituzionale.
Gli Identitari possono essere considerati come «le braccia» della Nouvelle Droite internazionale. Laddove le generazioni precedenti erano più interessate a scrivere documenti e articoli, loro si muovono sul piano dell’attivismo pur condividendo la medesima ideologia dei loro mentori, ovvero l’etnopluralismo, l’idea di un’Europa nazione e via dicendo. In Austria e Germania hanno stretti legami con partiti di estrema destra come l’Fpö e l’Alternative für Deutschland: diversi di questi attivisti hanno anche svolto funzioni ufficiali all’interno di tali forze in alcuni momenti o le svolgono ancora. Ad esempio, quando l’AfD entrò a far parte del parlamento tedesco, a lavorare con gli eletti furono chiamati alcuni Identitari. Non solo. Nel 2018, in Austria, quando l’Övp governava con l’Fpö, questo circuito ha dato vita ad una campagna perché il Paese si ritirasse dal patto delle Nazioni Unite sulle migrazioni e il partito dell’estrema destra ha utilizzato le loro stesse argomentazioni per non firmarlo. E alla fine è questa la posizione che ha vinto. E anche negli Stati Uniti gli Identitari sembrano avere un forte legame con la destra più mainstream: sono ad esempio loro ad aver reso polare la teoria complottista della «Grande Sostituzione» che viene ora diffusa dalle principali figure conservatrici come il conduttore televisivo della Fox Tucker Carlson. Anche il movimento americano dell’Alt Right lavora a stretto contatto con gli Identitari e il loro logo appariva durante la famigerata marcia dell’estrema destra a Charlottesville, nell’agosto del 2017, dove una manifestante fu investita e uccisa da un neonazista.

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In «Le nuove destre» lei cita il caso del sociologo canadese Jordan Peterson, una figura molto nota grazie alle sue pubblicazioni e alla Rete, che sostiene che i giovani uomini debbano ritrovare la propria mascolinità e un conseguente ruolo sociale di predominio. Quanto pesano queste retoriche maschiliste nelle odierne culture di destra e nel loro diffondersi oltre i confini tradizionali di quest’area?
Quando si guarda agli attacchi terroristici di estrema destra degli ultimi anni, una cosa che risalta è che tutti gli aggressori hanno condiviso ed espresso il loro odio verso le donne. Le idee misogine si sono diffuse in lungo e in largo sin dagli albori dei social media. L’idea che le donne siano il nemico, che le donne forti minaccino gli uomini e la loro mascolinità è condivisa dall’estrema destra così come dai terroristi islamisti. Intellettuali come Peterson si rivolgono a uomini che vedono i loro privilegi minacciati. Che faticano a capire che il mondo sta cambiando e che la parità di diritti per le donne gioverebbe all’intera società. Considerando l’odio di cui soprattutto le donne sono oggetto sulle piattaforme dei social media quando parlano di qualcosa, è chiaro che queste idee sono però molto diffuse. Del resto, se ci pensiamo un attimo, la campagna elettorale di Donald Trump non è stata affatto danneggiata quando sono diventate di dominio pubblico le sue frasi sul «prenderle per la figa» e altre parole odiose da lui rivolte alle donne.

In conclusione, che si tratti di riesumare l’idea della «democrazia identitaria» di Carl Schmitt o di condividere quelle della «democrazia autoritaria» di Orbán o della «democrazia sovrana» degli ideologhi di Putin, quanto ci porta vicino ad una forma di nuovo fascismo l’ideologia delle nuove destre?
È una domanda difficile, soprattutto per il fatto che ogni Paese e la sua politica sono diversi. Quello che posso dire però è che la via che stiamo percorrendo è molto pericolosa. E il problema non si limita ai politici autoritari o fascisti. I miliardari della tecnologia come Elon Musk o Peter Thiel minacciano la democrazia con le loro idee e il loro potere che difficilmente possono essere tenuti sotto controllo dalla politica. La domanda è: se arriverà un momento in cui non importerà più se una costituzione è democratica quando le decisioni vengono effettivamente prese da capitalisti autoritari e in base ai loro sbalzi d’umore. Il nuovo fascismo potrebbe non avere l’aspetto di uomini in uniforme che marciano per strada, ma di battaglioni online che attaccano ogni voce liberal e di sinistra.