Fumata bianca, anzi rossa a palazzo Chigi. Con il decreto varato ieri sera dal consiglio dei ministri l’Italia sarà in lockdown dal 24 dicembre al 6 gennaio, con 10 giorni rossi di chiusura totale e 4 arancioni dove ci si potrà muovere dentro il proprio comune fino alle 22, ma con bar e ristoranti sempre chiusi e i negozi aperti oltre a supermercati, tabacchi, farmacie e parrucchieri.

Dopo un’altra riunione fiume di 5 ore tra Conte e i capidelegazione della maggioranza, vince la linea dura dei ministri Speranza, Franceschini e Boccia. Chiusura totale il 24, 25, 26 27 e 31 dicembre. E ancora il 1,2, 3,5 e 6 gennaio. Semilibertà dal 28 al 30 dicembre e il 4 gennaio. Anche nei giorni rossi sarà consentito andare una sola volta a casa di un parente (ma qui l’interpretazione è estesa ai congiunti in senso largo) nella stessa regione in due adulti (con autocertificazione) più i figli minori di 14 anni e le persone disabili o non autosufficienti conviventi.

UNA PICCOLA DEROGA che consentirà, ad esempio, a una coppia con figli under 14 di andare dai nonni per il cenone o il pranzo di Natale. Oppure ai nonni di andare dai figli. Ma anche da amici, visto che il nuovo decreto si limita a delimitare il numero delle persone, non il tipo di legame tra loro. Il tutto naturalmente si potrà fare entro le 22, visto che il coprifuoco nazionale resta in vigore. Solo nei 4 giorni arancioni sarà consentito uscire dai comuni sotto i 5mila abitanti entro un raggio di 30 chilometri, ma non andare nel capoluogo di provincia. Per chi violerà le regole previste multe da 400 a 1000 euro.

REGOLE DURE, DUNQUE, che Conte ha motivato in una conferenza stampa slittata fin quasi alle 22 con la «preoccupazione degli esperti per i rischi di un’impennata del contagio nel periodo delle feste». « Il Cts ci ha fatto pervenire forte preoccupazione per il rischio di assembramenti durante le feste di fine anno». «Non è una decisione facile ma sofferta», spiega ilpremier, molto preoccupato per l’impatto delle misure sugli italiani, «ma dobbiamo cautelarci in vista della ripresa di gennaio». Conte ci tiene a sottolineare la deroga che lui stesso ha voluto inseirre, quella che di fatto consente riunioni nelle case per Natale pur con numeri limitati all’osso. «Un punto di equilibrio per evidenziare l’importanza sociale e ideale del Natale».

Il premier poi annuncia il nuovo piano di ristori da 645 milioni per bar e ristoranti che resteranno chiusi per due settimane.«Siamo al vostro fianco, i ristori saranno rapidi e automatici». Poi cita il piano vaccini, la partenza il 27 dicembre, siamo davanti alla fine dell’incubo», assicura. E aggiunge: «Noi non entriamo nelle case degli italiani e non mandiamom la polizia, è un decreto concepito come limite alla circolazione. Si esce con l’autocertificazione».

PER IL GOVERNO È STATA un’altra giornata di passione. In consiglio dei ministri la renziana Tersa Bellanova ha protestato: «Se il 3 dicembre dai indicazioni sulle aperture e il 18 torni sui tuoi passi e decidi di chiudere tutto, stai producendo un danno enorme a tutti quegli esercizi che nel frattempo si erano organizzati».E ancora: «Se siamo alle prese con un altro decreto è segno evidente che quanto deciso finora non ha funzionato come doveva».

Conte ha respinto questa lettura, sostenendo che il piano delle regioni a colori «ha funzionato» e attribuendo la stretta a un fenomeno che «coinvolge tutta Europa: questo virus si lascia spiegare ma non sconfiggere».

Franceschini esulta per la linea dura: «Sono misure indispensabili per prevenire una terza ondata. Saranno un Natale e un Capodanno diversi per tutti ma il sacrificio va fatto, perché servirà a evitare sofferenze e salvare vite».

MA IL PARTO DI QUESTO DECRETO segnala uno dei momenti più difficile della vita del Conte II. Persino Zingaretti ieri si è infuriato per il ritardo del govermo nel decidere le regole per Natale, minacciando di fare misure ad hoc per il Lazio. Anche la presidente del Senato Elisabetta Casellati ha giudicato «incomprensibile il ritardo». Ritardo che si è protratto fino a tarda sera: alle 20 il consiglio dei ministri è finito, poi due lunghissime ore di attesa.

In conferenza stampa ha citato più volte le difficoltà degli altri paesi europei, per respingere le critiche sulla gestione italiana della pandemia: «Non abbiamo perso tempo, siamo intervenuti con coscienza». Poi ha annunciato per i prossimi giorni un vertice di maggioranza. «Dobbiamo recuperare le ragioni di coesione e compattezza, i cittadini non tollerano incertezze». Dunque «c’è urgenza di completare il confronto che abbiamo iniziato da cui dovrà uscire una lista di priorità per l’azione del governo, e non solo sulla pandemia». «Dobbiamo dire al Paese dove vogliamo andare», dice Conte, «sul Recovery Plan passeremo più volte dal Parlamento». «Non c’è nessun dogma, nessun paletto, potremo perfezionarlo fino all’ultimo secondo». La scuola? «Lavoriamo per la riapertura delle superiori dal 7 gennaio»