Molti, troppi, in Europa e in Occidente continuano a guardare al mondo arabo-islamico come ad un blocco monolitico incapace di interrogarsi e di esprimere una pluralità di opinioni. La strage al Charlie Hebdo al contrario sta confermando la sua complessità. Alcune delle firme più note del giornalismo arabo sono intervenute e non solo per condannare l’accaduto. E a puntare l’indice contro il jihadismo qaedista e i responsabili dell’attacco al giornale francese sono in queste ore anche alcuni di quei leader arabi che l’Occidente considera suoi nemici. Come il capo del movimento sciita libanese Hezbollah, Hassan Nasrallah, un avversario irriducibile di Israele. Secondo Nasrallah i jihadisti creano all’Islam più danni che le vignette contro Maometto pubblicate da Charlie Hebdo. «È più che mai necessario parlare del Profeta a causa del comportamento di certi gruppi terroristi che si riferiscono all’Islam», ha dichiarato ieri Nasrallah da oltre due anni impegnato con migliaia di combattenti di Hezbollah al fianco dell’esercito governativo siriano contro lo Stato Islamico. Ma anche contro il Fronte al Nusra, ramo siriano di al Qaeda in Siria e alleato dell’Esercito libero siriano, la milizia dell’opposizione anti-Assad finanziata e appoggiata dall’Occidente. «Attraverso i loro atti immondi, violenti e inumani – ha continuato il leader sciita libanese – questi gruppi hanno portato danno al Profeta e ai musulmani più di quanto l’abbiano fatto i loro nemici (…), più di quanto abbiano fatto i libri, i film e le caricature, hanno offeso il Profeta…Sono i peggiori atti che hanno fatto danno al Profeta nella storia».

Nasrallah non è certo un pacifista, anzi, ha le sue importanti responsabilità nelle vicende mediorientali di questi ultimi anni, ma su un punto aveva visto giusto subito: in Siria non è in corso una rivoluzione per la democrazia, piuttosto è in atto una guerra che vede protagoniste forze jihadiste sunnite interessate solo ad abbattere “l’apostata” Bashar Assad e a dominare le minoranze religiose. L’Occidente, la Turchia e le petromonarchie continuano ad aiutare i jihadisti.

Negli ultimi due giorni analisti e giornalisti arabi hanno scritto e dibattuto dell’accaduto a Parigi, cercando di spiegarne le cause. Interessante è il punto di vista di Amr Mohsen, del quotidiano di Beirut al Akhbar. Mohsen ieri scriveva che a dominare il discorso è «la solidarietà alla Francia come se avesse subito un attacco da stranieri». Anche gli islamici francesi, sottolineava, si affannano a prendere le distanze dai “cattivi musulmani” come se fossero venuti da fuori. Con questo atteggiamento, spiega il giornalista di al Akhbar, si finisce per travisare la vera natura di quello che è successo. Il punto centrale, secondo Mohsen, è che si è trattato di un attacco della «Francia contro la Francia». «Il razzismo dello Stato e della società in Francia nei confronti degli immigrati e dei loro figli ha impedito che il musulmano francese potesse integrarsi, tanto che essere musulmano ed essere francese sono diventati due concetti contrastanti». In sostanza il razzismo avrebbe spinto tanti musulmani francesi nelle braccia dei salafiti. Mohsen ricorda che lo Stato francese ha permesso al denaro saudita di finanziare la predicazione più radicale, permettendo al salafismo wahhabita di monopolizzare centri islamici, moschee e l’educazione religiosa dei musulmani nel Paese.

Un altro tema è la “reazione” europea. «Le ripercussioni e i risultati (dell’attacco jihadista, ndr) si moltiplicheranno nei prossimi giorni, mesi e forse anni, proprio come è successo dopo l’11 Settembre americano», prevedeva ieri Walid Shuqair su uno dei principali quotidiano arabi, al-Hayat. «Il fatto che la stampa internazionale definisca il massacro al Charlie Hebdo l’11 settembre francese – ha notato Shuqair – significa che dovremmo aspettarci un certo tipo di politica della sicurezza». Shuqair non ha nascosto il timore che i leader europei possano adottare le stesse politiche miopi portate avanti dall’Amministrazione Bush dopo l’11 Settembre. «Nel migliore dei casi, numerose parti cercheranno di sfruttare l’attacco di Parigi per promuovere i propri interessi» ha concluso il giornalista riferendosi ai consensi che l’accaduto porterà alla destra estrema in Europa.