Una storia di povertà, indifferenza e burocrazia, «efficienza» sui costi, esternalizzazione e crisi economica. Concetta Candido è una donna di quarantasei anni che, nella sede dell’Inps di corso Giulio Cesare a Torino, ieri si è data fuoco di fronte agli occhi sbarrati dei pochi impiegati e dei molti in attesa come lei. A salvarla un giovane migrante marocchino, in coda anche lui come molti altri, che ha spento le fiamme con un estintore prontamente impugnato.

LA STORIA DI CONCETTA inizia a Settimo Torinese, dove vive in una casa in affitto con il compagno, anche lui disoccupato. Una situazione difficile che diventa insostenibile, quando perde il lavoro da inserviente che la occupa da dieci anni presso un grande birreria di Settimo Torinese, la Befed. A causa della crisi economica, la birreria decide di lasciare a casa quattro persone su sessanta, e tra queste c’è Concetta, che passa da un contratto regolare a essere un esubero.

Rimasta a casa il 13 gennaio scorso, la signora Candido si rivolge all’Inps, dove presenta domanda di disoccupazione il 24 gennaio. I mesi passano e il sussidio non arriva: non è ancora chiara la ragione di questa lunga attesa. L’Inps, in una nota, ricostruisce la procedura che ha portato all’erogazione tardiva del sussidio: «Per la normativa vigente – scrive – se alla data di cessazione del rapporto di lavoro vi è in corso un periodo di malattia, per avere diritto alla Naspi occorre riacquistare la capacità lavorativa sia pure in maniera residua. Il certificato non era allegato alla domanda ed è stato richiesto dall’agenzia Inps di Torino Nord il 27 aprile 2017». Segue lo sviluppo, da quel momento celere, della procedura che porta al primo assegno. Il dubbio verte sul tempo speso dall’Inps per richiedere il certificato di recuperata capacità lavorativa: tre mesi e tre giorni.

SECONDO LE ricostruzioni dei testimoni, una volta giunta allo sportello Concetta Candido avrebbe domandato a che punto era la pratica inerente la restituzione degli assegni non ancora percepiti. In realtà si trovava finalmente a un passo dal termine dei suoi tormenti, perché come fa notare l’Inps, la Naspi a cui aveva diritto era iniziata il primo giugno e sarebbe terminata, qualora non avesse trovato un’occupazione, nell’aprile del 2019.

Stefano Papini, titolare della Befed, racconta il processo che ha portato al licenziamento di Concetta e di tre sue colleghe: «Per prima cosa voglio dire che siamo sconvolti dal dolore. Ancora un mese fa avevamo avuto modo di parlare del suo malessere perché non era riuscita ad avere l’assegno di disoccupazione. La signora Concetta ha lavorato direttamente da noi diversi anni. Poi con altri colleghi hanno fatto una cooperativa per sviluppare servizi autonomi, che però è stata messa in liquidazione nell’ottobre 2016. Abbiamo riassorbito più dipendenti possibile, circa sessanta. Per il reparto di pulizie non siamo riusciti a trovare sostenibilità economica, e quindi siamo stati costretti a far cessare quattro rapporti di lavoro».

«NON SOLO LE misure di protezione sociale sono state ridotte – commenta la Cgil di Torino – ma le procedure, che rendono le persone un asettico numero di pratica, le lentezze burocratiche e la diminuzione del personale dell’Inps possono lasciare senza soldi, per mesi, coloro che ne hanno diritto. La signora Candido si era rivolta il 24 gennaio al patronato Inca della Cgil, e solo il 12 giugno l’Inps ha accolto la sua domanda, senza però – ad oggi – avere ancora liquidato quanto dovuto. Non solo è stata licenziata, ma è stata anche costretta ad avviare una causa per recuperare il pagamento di stipendi arretrati e del Tfr. Invece di grandi proclami sulla riorganizzazione dell’Inps, sarebbe necessario dedicare tempo, risorse e persone, per rispondere alle necessità – in questo caso di sopravvivenza – di chi è in difficoltà, smettendola con i tagli al personale ed alle sedi».

La donna è ricoverata nel reparto grandi ustionati dell’ospedale Cto di Torino. Ha riportato ustioni di secondo grado sul 25% del corpo e di terzo su torace, braccia e volto. Non è in pericolo di vita ma la aspetta una lunga degenza.