L’analisi non inedita dell’Istat su un paese dove nascono sempre meno bambini (435 mila nel 2019, mai così poche); il «ricambio naturale» è il più basso degli ultimi 102 anni (il saldo negativo di 212mila unità tra nascite e decessi); cala la popolazione (-116 mila persone in un anno); aumenta la fuga all’estero di tremila persone per un totale di 120 mila nel solo 2019, è stata recepita con toni da fine del mondo. «Chi è anziano come me ha ben presente l’abbassamento di scala della natalità nelle generazioni. Due generazioni prima della mia i figli erano numerosi; poi si sono ridotti ancora. E questo è un problema che riguarda l’esistenza del nostro paese» ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

IL PROCESSO di denatalizzazione è ricorrente ne i paesi a capitalismo avanzato, anche se è esacerbato in Italia dalla drammatica assenza di una politica dei salari e dei redditi, di un welfare realmente giusto e universale, di squilibri sociali territoriali e diseguaglianze colossali, mai affrontate seriamente da nessuno. Limitare questo processo alla sola demografia, considerata un fattore macroeconomico e non un indice esperienziale di una condizione sociale drammatica per milioni di persone, può portare a rappresentare la situazione in termini ultimativi. Non è l’esistenza del paese ad essere a rischio, ma quella delle persone – donne e uomini in carne ed ossa – messi in condizione di non potere condurre un’esistenza degnitosa, stritolati da un sistema dove si lavora sempre meno e si è pagati peggio, dove non è possibile garantire un’esistenza degna a se stessi. Anche per questa ragione si rinuncia ai figli, oppure si concepiscono bambini sempre più tardi. Secondo l’Istat fanno più figli le donne ultraquarantenni di quanti ne facciano le giovani sotto i 20 anni. Il dato sarebbe ancora più evidente senza le nascite da parte delle donne immigrate. Circa un quinto di bimbi nati nel 2019 ha madre di cittadinanza non italiana. Su 85 mila nascite, 63 mila sono state il frutto di un’unione con un cittadino straniero, 22mila quelle con uno italiano. Dati da ricordare quando questo, o il prossimo governo, rinvierà, o negherà, il riconoscimento di una cittadinanza a queste persone.

IL CALO DEMOGRAFICO è inoltre l’effetto di una geografia sociale sempre più divisa in due: il Nord è rappresentato in continua crescita mentre nel Sud c’è una speranza di vita più bassa e uno spopolamento prodotto dalle migrazioni interne. I bambini nascono di più nelle province autonome di Bolzano e Trento. Rilevante anche l’incremento di popolazione osservato in Lombardia (+3,4 per mille) ed Emilia-Romagna (+2,8). Opposte le condizioni nel Mezzogiorno. La popolazione in Sardegna è calata del -5,3 per mille. In un anno Molise e Basilicata hanno perso circa l’1%. Il saldo tra chi ha lasciato un comune al Sud e chi lo ha eletto a residenza è meno 77mila unità, in crescita dal 2018 quando è stato registrato un saldo di meno 73mila unità. Flussi migratori netti positivi sono stati registrati solo in Lombardia (+3 per mille), nelle Province di Trento (+3,9), Bolzano (+3,4), in Emilia-Romagna (+3,7).

LA QUESTIONE SOCIALE, e non solo demografica, è stata recepita ieri dalla politica sotto la forma di un’emergenza che riguarda esclusivamente la famiglia e il suo modello sociale. Tutta l’attenzione si è concentrata su provvedimenti più volte annunciati nel corso di questa legislatura, prima con il governo Legastellato «giallo-verd»e, poi in quello attuale bicromatico «giallo-rosso». Circola la convinzione che i pochi fondi stanziati dal governo rilanceranno la natalità: 600 milioni di euro nel 2020 e oltre 1 miliardo nel 2021. Sul tavolo il governo ha due strumenti diversi e concorrenti, sostenuti da Pd e Italia Viva: il ddl Delrio, all’esame alla Camera, il disegno di legge della ministra Bonetti. Insieme dovrebbero formare un «Family Act», apice di tutti gli annunci. Attese speranzose per il segretario Pd Zingaretti che ieri ha evocato «politiche per le famiglie, sostegno alla genitorialità» e «un grande piano per il lavoro di qualità ai giovani». Il ministro per i rapporti con il Parlamento Federico D’Incà ha parlato di un «rilancio dell’economia» che dovrebbe contribuire a offrire «la visione di futuro che i giovani hanno perso». Vasti programmi.