La Val di Susa torna in marcia. L’appuntamento è per sabato a Susa, quando movimento e amministratori saranno in corteo per dire ancora una volta «no» alla realizzazione dell’opera, per denunciare «la pesante situazione che si sta creando a Susa, ormai militarizzata come il cantiere di Chiomonte» e per ribadire, come recita il volantino della Comunità montana, che «la Valle c’è» e «non vuole il Tav, ma vuole libertà, legalità e verità». Ci saranno pezzi (delegazioni) di quell’Italia ribelle e resistente che era in piazza il 19 ottobre per il diritto alla casa o che lotta nella Terra dei Fuochi o che chiede che i soldi per il Tav siano utilizzati per la ricostruzione dell’Aquila.

È di pochi giorni fa il gemellaggio tra la Valle e il capoluogo abruzzese, amministrato dal sindaco Massimo Cialente, esponente di quel Pd che, invece, a Torino è uno dei massimi sponsor dell’opera, giudicata «irreversibile» da Piero Fassino. Alla luce del via libera alla Camera – nonostante l’ostruzionismo di M5s e Sel – dell’accordo tra Italia e Francia, che disciplina la costruzione e futura gestione della sezione transfrontaliera. Il presidente François Hollande sarà a Roma mercoledì prossimo per ratificarlo con il premier Letta. Ad attenderlo anche i No Tav, che saranno nella capitale: «Non si possono sperperare venti miliardi – ha precisato Francesco Richetto del comitato di lotta popolare di Bussoleno – quando in troppi sono senza casa e senza lavoro. Daremo l’assedio a quella minima parte del Paese che ferma e indebita milioni di italiani».

I flash dei fotografi martedì hanno abbagliato, nel cantiere della Maddalena, la talpa «Gea», la fresa meccanica che avrà il compito di scavare il cunicolo esplorativo e che a fine lavori (previsti in due anni) arriverà alla quota del futuro tunnel di base. «Tutta propaganda mediatica – ha commentato Doriana Tassotti, comitato Susa-Mompantero -, in realtà la talpa non ha cominciato a scavare e chissà per quanto ancora non potrà farlo, dal momento che manca l’impianto per alimentarla». Per il presidente della Comunità montana, Sandro Plano» hanno solo fatto finta di farla partire». Sabato, Plano, sarà in marcia: «La nostra protesta continua a essere pacifica e determinata, vogliamo la legalità e la chiediamo nella protesta ma anche negli affidamenti degli appalti, nelle procedure e nell’informazione». Dopo la riforma degli enti locali, le comunità montane sembravano dover essere commissariate, ma così non è. Esistono ancora. «Siamo tuttora in vigore – ha aggiunto il vicepresidente Rino Marceca -, ma in tre anni, nonostante le nostre richieste, né il Presidente della Repubblica, né i presidenti del consiglio, né i ministri, ci hanno mai ascoltati».

Ieri, è nato a Torino il Controsservatorio Valsusa, luogo di analisi e informazione per ritrovare il bandolo della matassa rispetto a una questione complessa come il Tav, fuori dalle strumentalizzazioni mediatiche e dall’inasprimento repressivo. Hanno già aderito, tra gli altri, docenti universitari, ricercatori, scrittori, sacerdoti, Fiom, Arci, Pro Natura, Emergency, comitati Acqua Pubblica e Rifiuti Zero. «I cittadini devono sapere che cosa sta accadendo in Val di Susa e chi ha cuore la legalità. Vogliamo riaprire il dialogo, offrire a tutti elementi di valutazione. La Torino-Lione è una grande questione, spesso affrontata isolando un solo frammento, l’ordine pubblico» ha spiegato Livio Pepino, ex magistrato, uno dei promotori, che ieri ha presentato il progetto insieme Ugo Zamburru (Arci), Mario Cavargna (Pro Natura), Ezio Bertok (Comitato No Tav Torino), Maurizio Pagliassotti (scrittore) e Federico Bellono, segretario dei metalmeccanici Cgil che ha sottolineato: «Occorre riaffermare un approccio critico». I primi due assi di interventi, in attesa di un libro bianco, riguardano il rapporto tra informazione e movimento No Tav, con un’analisi qualitativa e quantitativa dei principali quotidiani, e l’intervento giudiziario, che «non si è limitato alla doverosa attività di indagine e di equilibrata repressione dei reati ma ha assunto aspetti di diretto coinvolgimento della magistratura nella gestione dell’ordine pubblico». Su questo i Giuristi democratici hanno organizzato un seminario, il 2 dicembre, a Palazzo di Giustizia.