Arthur Ransome (1884-1967) giornalista britannico e autore di novelle per bambini, realizzò una serie di viaggi nella Russia della rivoluzione, realizzando in seguito degli straordinari reportages. In questi brani tratti dal suo libro Six Weeks in Russia in 1919 narra dal vivo la fondazione dell’Internazionale Comunista a Mosca.3 marzoL’incontro si teneva in una piccola stanza piccola, con una pedana a un’estremità, nella vecchia corte di giustizia costruita ai tempi di Caterina II, che si sarebbero sicuramente girate nella tomba se avesse saputo l’uso a cui era stata messa. (…) L’intera sala, compreso il pavimento, era decorata in rosso. C’erano striscioni con scritto “Lunga Vita alla Terza Internazionale” in molte lingue.
Il presidium si trovava su una pedana rialzata in fondo alla stanza, Lenin seduto al centro dietro un lungo tavolo coperto di rosso con Albrecht, un giovane spartachista tedesco, a destra, e Platten, lo svizzero, a sinistra. L’auditorium scendeva fino ai piedi del palco. Le sedie erano disposte su ciascun lato di un vicolo nel mezzo, e le quattro o cinque file anteriori avevano tavolini per comodità nella scrittura. C’erano tutti i più importanti; Trotsky, Zinov’ev, Kamenev, Chicherin, Bucharin, Karakhan, Litvinov, Vorovsky, Steklov, Rakovsky (…)Ma il vero motivo per cui si teneva il congresso era la questione del suo atteggiamento verso la conferenza di Berna (Congresso dell’Internazionale Socialista tenutosi nel febbraio 1919 nella città svizzera n.d.r.).
Molte lettere erano state ricevute da membri di quella conferenza, per esempio Longuet, diceva di aver desiderato che i comunisti fossero stati rappresentati lì e il punto di vista di Mosca era che la sinistra di Berna si sentiva a disagio nel sedersi accanto a Scheidemann e compagnia; bisognava però che essi rompessero definitivamente lasciali, che la finissero con la Seconda Internazionale e si unissero alla Terza. Era chiaro che questo congresso al Cremlino era inteso a promuovere il nucleo di una nuova Internazionale contraria a quella che si era divisa in gruppi nazionali, ciascuno dei quali sosteneva il proprio governo durante la guerra. Questo era il motivo principale di tutta la faccenda. (…)Trotsky, con un cappotto di pelle, calzoni e ghette militari, con un cappello di pelliccia con il simbolo dell’Armata Rossa in fronte, seguiva attentamente, ma risultava strano per chi lo aveva conosciuto come uno dei più grandi anti-militaristi in Europa.
Lenin ascoltava in silenzio, parlando quando necessario, in quasi tutte le lingue europee con sorprendente facilità. Balabanova (rivoluzionaria di origine ucraina che nel secondo dopoguerra visse fino alla morte in Italia n.d.r.) parlava dell’Italia e sembrava finalmente felice, anche nella Russia sovietica, di poter partecipare di nuovo a un “incontro segreto”. Era davvero un incontro straordinario e, nonostante qualche infantilismo, non potei fare a meno di rendermi conto di essere presente a qualcosa che sarebbe entrata nella storia del socialismo, proprio come quell’altro strano incontro convocato a Londra nel 1848. (…)4 marzo 1919 Al Cremlino si discusse del programma sul quale la nuova Internazionale avrebbe dovuto basarsi. Naturalmente, la dittatura del proletariato e tutto ciò che essa implica.
Ho sentito Lenin pronunciare un lungo discorso, il cui obiettivo principale era mostrare che Kautsky e i suoi sostenitori a Berna ora stavano condannando le stesse tattiche che avevano sostenuto nel 1906. Mentre stavo uscendo dal Cremlino, incontrai Sirola (Yrjö Elias Sirola leader prima socialista e poi comunista finlandese n.d.r.) che camminava sulla piazza fuori dall’edificio senza cappello, senza cappotto, in un freddo così intenso che mi misi la neve sul naso per prevenirne il congelamento. E urlai. Sirola sorrise con il suo sguardo ingenuo. “È marzo” disse, “la primavera sta arrivando”.6 marzo 1919Il Congresso al Cremlino si è conclusa con il solito canto e con una fotografia. Poco prima dei congedi, quando Trotsky aveva appena finito di parlare e aveva già lasciato la tribuna, ci fu un urlo di protesta da parte di un fotografo che aveva appena installato la sua macchina.
Qualcuno osservò: “La dittatura del fotografo” e, tra le risate generali, Trotsky dovette tornare alla tribuna e rimanere in silenzio mentre lo sfrontato fotografo faceva due foto.La notizia fondazione della Terza Internazionale era stata data sui giornali del mattino e una manifestazione straordinaria al teatro Bolscioj era annunciava per la sera. Sono arrivato a teatro verso le cinque e ho avuto difficoltà ad entrare, anche se avevo un biglietto speciale come corrispondente. C’erano code fuori da tutte le entrate. C’era il Soviet di Mosca, il Comitato Esecutivo, i rappresentanti delle Unioni Commerciali e dei Comitati di Fabbrica, ecc. Il grande teatro e il palco erano pieni (…). Kamenev aprì l’incontro con l’annuncio solenne della fondazione della Terza Internazionale al Cremlino. Ci fu un boato di applausi dal pubblico, che poi ha iniziato a cantare l'”Internazionale” in un modo che non avevo sentito cantare più dai tempi dall’Assemblea Panrussa quando era giunta la notizia degli scioperi in Germania durante i negoziati di Brest. Kamenev parlò poi di quelli che erano morti in strada, ricordò Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg, e l’intero teatro si alzò in piedi mentre l’orchestra suonava: “Sei caduto come vittima”.
Quindi parlò Lenin. Se avessi mai pensato che Lenin stava perdendo in popolarità, lì ottenni la risposta. Passò molto tempo prima che potesse parlare, tutti erano in piedi e affogavano i suoi tentativi di parlare con un ruggito seguito dal fragore degli applausi. Era una scena straordinaria (…) Un gruppo di donne lavoratrici mi stava vicino e quasi lottarono per vederlo, e gridarono come se ognuno fosse determinato a sentirla in particolare. Parlava come al solito, nel modo più semplice, sottolineando il fatto che la lotta rivoluzionaria ovunque era costretta a usare le forme sovietiche. “Dichiariamo la nostra solidarietà con gli obiettivi dei sovietici”, ha letto da un giornale italiano e aggiunse “ed allora non sapevano quali fossero i nostri obiettivi, e noistessi non avevamo ancora definito un nostro programma”. (…) Quando uscii dal teatro, trovai ad ogni ingresso una folla delusa che non era stata in grado di entrare.