Agroecologia è una parola ormai diffusa, non solo nell’ambito dei movimenti contadini e dell’accademia, ma lo sta diventando anche a livello di istituzioni e organizzazioni non governative. Ma cosa si intende esattamente? Come si può declinare e come si può diffondere senza che si snaturi? Per rispondere a queste domande è nata Opera, l’Osservatorio per l’Agroecologia, che nel mese di aprile, da Milano, ha lanciato le sue prime attività.

La caratteristica principale dell’agroecologia è quella di essere multisettoriale e transdisciplinare. Stefano Bocchi, professore di agraria dell’Università degli Studi di Milano, ideatore di Opera la definisce così: «E’ una scienza sistemica, un’insieme di pratiche e un movimento sociale». Tre ambiti che affrontano, spesso separatamente, un unico problema: l’insostenibilità del sistema agroalimentare dominante. L’osservatorio italiano per l’agroecologia si propone di integrare, almeno a livello nazionale, i tre ambiti: accademico, pratico e sociale. «Vogliamo che non si sentano sole le scienze, i contadini e i movimenti». L’auspicio di Opera è quello di diventare un centro di condivisione di idee e conoscenze, un luogo in cui raccogliere la documentazione su questo argomento e in cui segnalare buone pratiche: sia sul fronte agricolo che su quello sociale. «Vorremmo fare rete con altri centri di ricerca, osservatori e associazioni e vorremmo raccogliere un archivio di tecniche, approcci e realtà anche molto specifiche, a scala locale e nazionale» spiega Stefano Bocchi.

La prima tappa del neonato osservatorio è quella di mettere a sistema le relazioni nate all’interno della Cascina Triulza di Expo 2015, che riunì associazioni, ong e società civile sui temi dell’agricoltura e dell’alimentazione. «Non siamo ancora riusciti a connetterci ai movimenti contadini che parlano già di questi temi, perché stiamo muovendo i primi passi, ma contiamo di raggiungerli nel prossimo futuro». Il metodo di lavoro di Opera si orienta verso la ricerca partecipata sulle tematiche che l’agroecologia porta con sé: dalle sementi all’accesso al mercato, dalla diversificazione all’economia circolare. Si propone, inoltre, di offrire opportunità di formazione per studenti, tecnici e produttori, come si legge sui documenti di presentazione dell’iniziativa.

Agroecologia è diventata una delle parole chiave nei documenti di organismi internazionali come la Fao. Secondo Stefano Bocchi si tratta di un passo avanti che però implica anche dei rischi: «L’agroecologia è un’alternativa agli attuali sistemi di produzione, organizzazione e gestione agroalimentare, non è un modo per aggiustare il sistema attuale». L’agroecologia è un cambio di paradigma radicale, mentre la Fao la considera, ad oggi, una delle possibili alternative. Questo è il pericolo di «corruzione» o, per meglio dire, di «diluizione» che rischia di verificarsi negli organismi internazionali, che analizzano il fenomeno in senso settoriale e non transdisciplinare. Secondo l’ideatore di Opera ci aspettano un periodo di transizione e tempi lunghi per poter vedere un cambiamento radicale a tutti i livelli della società.

Diffondere l’agroecologia è l’obiettivo principale dell’Osservatorio, a partire dal progetto «Opera 18». L’idea è di focalizzarsi su quattro casi studio che rappresentano approcci agroecologici alle problematiche agroalimentari odierne. Il progetto coinvolgerà 20-30 persone provenienti da professioni e ambiti diversi che potranno vedere da vicino alcune realtà selezionate che stanno mettendo in pratica innovazioni agro ecologiche. I casi studio che dovranno servire a stimolare la discussione pubblica saranno: un’azienda agricola, una struttura sanitaria, una realtà sociale e una filiera agroalimentare. Da aprile è possibile visitare anche il sito internet di Opera: www.osservatorioagroecologia.it.