«Prima di Evo, la Bolivia era considerato il paese più corrotto, ora lo stato è presente – dice al manifesto Nardy Suxo -, vi sono unità di trasparenza in tutte le istituzioni pubbliche. Tutti dobbiamo dar conto delle spese e della provenienza delle nostre entrate. Per questo sono andati in galera anche politici del Movimento al socialismo». Suxo è stata per otto anni ministra di Trasparenza e lotta alla corruzione. Ad aprile è stata nominata ambasciatrice della Bolivia all’Onu per la sua lunga esperienza nel campo della lotta per i diritti umani.

Come siete riusciti a compiere così tanti passi avanti nella lotta alla corruzione?
Il nostro sistema politico fa conto, oggi, sui principi ancestrali che reggono la vita dei popoli indigeni. Dicono: non mentire, non essere pigro, non rubare. Il nostro presidente e il vicepresidente Alvaro Garcia Linera – chefornisce la struttura teorica al socialismo andino e che può essere considerato uno dei massimi intellettuali dell’America latina – danno l’esempio: lavorando senza riserve e pretendendo da tutti che i tempi e gli impegni siano rispettati. I tre principi oggi sono stati assunti anche dall’Alba e dalla Celac, la comunità degli stati americani e caraibici. Il popolo vede i risultati e continua ad appoggiare il presidente, che è stato rieletto con oltre il 60% dei voti. Informiamo la popolazione. Abbiamo cambiato il modo di far politica e le istituzioni dello stato. Prima c’era una democrazia del patteggiamento e della spartizione, i ministeri e i posti venivano distribuiti o creati per questo scopo. Ora i programmi e i meccanismi sono trasparenti.

In Bolivia come in buona parte dell’America latina progressista o socialista, le classi medie sono sul piede di guerra e vi accusano di autoritarismo.
Abbiamo ereditato un paese in rovina in cui la maggioranza della popolazione veniva esclusa e repressa se protestava per i propri diritti. All’estero, ci dovevamo vergognare per essere sempre considerati un paese povero del terzo mondo benché fossimo un paese ricco di risorse. Eravamo il paese dei colpi di stato e dell’instabilità. Con Evo abbiamo alzato la testa, recuperato dignità e identità, stabilità economica e istituzionale. Ora i beni sono per tutti e non solo per i privilegiati di prima: e questo non va giù a certi rappresentanti della destra che passano il tempo a viaggiare tra la Bolivia e gli Usa e tornano solo per candidarsi alle elezioni. Purtroppo, ci sono anche frange che si dicono di sinistra che finiscono per allearsi con le destre, con personaggi che provengono dalla dittatura e dal neoliberismo. Prima solo i figli dei ricchi potevano studiare all’estero, ora il governo ha istituito borse di studio perché i nostri giovani possano formarsi all’estero nei campi di cui abbiamo bisogno. Stiamo costruendo il socialismo del XXI secolo, che prevede uguaglianza per tutti e ha messo al centro soggetti prima invisibili: soprattutto le donne.

La violenza contro le donne è però ancora elevata e le femministe protestano perché non si riesce a discutere una legge per l’interruzione di gravidanza a cui Morales si è opposto.
Io sono femminista, ho lottato a lungo per i diritti delle donne. Quando ero ministra, nell’esecutivo eravamo 8 ministre e due uomini: e alla testa di ministeri come quello della Pianificazione, della Produzione e dello Sviluppo rurale, della Trasparenza. A tutti i livelli la donna ha un protagonismo e una presenza maggiore, perché compie con serietà qualsiasi impegno. Ho avuto due validissime viceministre. La donna non è la metà di qualcosa, ma un intero. Sulla violenza abbiamo buone leggi, ma dobbiamo impiegare più risorse e lavorare sull’educazione e la cultura degli uomini, la cui violenza tocca anche i bambini. Come femministe abbiamo avanzato molto a livello del potere, ma forse abbiamo tralasciato l’aspetto sociale. Sull’aborto non si può cambiare dall’oggi al domani, soprattutto in una cultura come la nostra, che mette la difesa della vita in primo piano.