Il rebus sui conti pubblici è ancora irrisolto e le prossime mosse del governo – tra aumento Iva, Imu, cassa integrazione e deficit da correggere – rimangono nella nebbia. Ma dal fronte del Pdl (almeno per 24 ore) sono arrivati toni più morbidi, con l’iperattivo Renato Brunetta che non ha rinnovato le minacce di crisi. E intanto un parere di peso ha richiamato le forze politiche all’unità, perché si evitino «rotture»: Giorgio Napolitano, «re» Giorgio come lo chiamano molti, ha rinserrato dal Quirinale le file dell’esecutivo chiedendo di «non sprecare l’occasione, il momento favorevole» in cui si vedono «segnali di ripresa».

Dall’altro lato, se il Pdl lascia un po’ di fiato al premier Enrico Letta, che intanto è volato per una missione in Canada, si apre il fronte di sindacati e industriali: sia la Cgil, con la segretaria Susanna Camusso, che la Confindustria, con il presidente Giorgio Squinzi, hanno dichiarato ieri che quella dell’Iva (e dell’Imu) non è una priorità e che preferiscono prima e piuttosto un intervento per detassare il lavoro (anche le pensioni, secondo Camusso; e che si continui nel programma di restituzione dei crediti alle imprese, che qualcuno aveva minacciato di rallentare, aggiunge Squinzi).

«Non siamo ancora usciti dalla crisi finanziaria, economica, sociale che ha colpito così duramente negli ultimi anni il nostro Paese e gran parte del mondo, dagli Stati Uniti all’Europa – ha detto il presidente della Repubblica aprendo ieri l’anno scolastico al Quirinale, davanti a tremila studenti – Sono ancora tante le famiglie che soffrono di difficoltà e di privazioni. Molti sacrifici si sono imposti ovunque. L’economia e l’occupazione tardano a riprendersi». Ma, ha poi sottolineato, «i primi segni di ripresa si vedono e si riaffaccia la speranza di un nuovo, più solido sviluppo, su basi più giuste, dell’economia e della società».

Dopo questa premessa, dunque, il passo chiave, il messaggio ai partiti della maggioranza: «La politica – ha detto il capo dello Stato – non sprechi questo momento più favorevole e faccia, attraverso il governo e il Parlamento, la sua parte, procedendo, senza incertezze e tantomeno rotture, nel compiere le azioni necessarie. Si mobilitino tutte le forze valide del Paese. Anche quelle della scuola». Per la cronaca, il presidente Napolitano ha poi invitato a investire su scuola e ricerca, dicendo basta ai tagli (appelli che, come si sa, su questo tema restano perennemente inascoltati).

Tornando al tema principe delle manovre economiche da compiere entro fine anno, diventa a questo punto nodale la prossima legge di Stabilità. Si sa che la «nota spese» prevede almeno tra i 5,5 e i 6 miliardi di euro, che comprenderebbero il rinvio dell’aumento Iva (dal 21 al 22%, costo 1 miliardo: ma il problema si ripresenterebbe comunque dall’1 gennaio), i 2,4 miliardi dell’Imu, le missioni internazionali e la cassa integrazione, il riaggiustamento del deficit, cui il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni tiene più che al resto, minacciando le dimissioni se non dovesse riuscire ad attuarlo (il riallineamento sul 3% costerebbe intorno agli 1,6 miliardi di euro).

Il capogruppo Pdl Brunetta ieri, più calmo del solito, ha chiesto come si possa «rischiare la caduta del governo per un solo miliardo dell’Iva», e poi ha avanzato 10 domande a Saccomanni (che non sono altro che le proposte Pdl per investimenti e conti). Il Pd insiste nel difendere il ministro, la linea del rigore e insieme dell’«equità», insistendo sul rinvio dell’Iva, ma non dimenticando i nodi del lavoro. Il viceministro all’Economia Stefano Fassina continua a insistere: «Il miliardo dell’Iva si può recuperare lasciando l’Imu sul 10% delle case, quelle che pagano dai 1000 euro in su».

E ieri sono arrivate anche le richieste di Cgil e Confindustria. Susanna Camusso minaccia la mobilitazione, «con Cisl e Uil», se non si dovesse cambiare passo: «Basta galleggiare – dice – Il dibattito attuale (riferendosi alla querelle Iva-Imu, ndr) non ci convince. Non aggredisce il nodo fondamentale che è l’ingiusta distribuzione del reddito. La legge di stabilità sarà dirimente: si devono detassare stipendi e pensioni». Giorgio Squinzi, per quanto da un altro punto visuale, va nella stessa direzione: «Non è la cosa prioritaria – ha detto riferendosi all’aumento dell’Iva – Da tempo stiamo chiedendo ad alta voce, con tutta la nostra forza, il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione e un intervento deciso sul cuneo fiscale. Questo darebbe una spinta maggiore per far ripartire l’economia».