Il presidente della Repubblica non ha mai visto una gazzarra simile in Parlamento, e ammonisce di conseguenza: «Mai era accaduto quel che si è verificato nel biennio ormai alle nostre spalle, quando hanno fatto la loro comparsa metodi e atti concreti di intimidazione fisica, di minaccia, di rifiuto di ogni regola e autorità».

La memoria gli fa difetto.

Come fa a non ricordare quella seduta al Senato del 29 marzo 1953, domenica delle Palme? Si votava in via definitiva la legge elettorale detta «legge-truffa» e il caso va dunque a fagiolo anche se, paragonato a quello di Renzi, quel testo era un modello d’onestà.

Va detto peraltro che rinfrescarsi la memoria rileggendosi i verbali di quella storica seduta non è possibile. Non esistono.

Visti i livelli di violenza raggiunti dalle scazzottate gli stenografi se l’erano data a gambe, lasciando così a disposizione dei senatori dell’opposizione i loro strumenti di lavoro, trasformati di repente in contundenti proiettili con cui bersagliare la presidenza dell’augusta assemblea.

Per fortuna in tribuna c’erano i cronisti (con quelli del partito di Napolitano in prima fila). Altrimenti sarebbero stati del tutto cancellati dalla storia patria gli strilli (più che giustificati) del futuro presidente della Repubblica Pertini (Psi) e del vicepresidente del Senato Scoccimarro (Pci) rivolti al presidente Meuccio Ruini: «Lei è un porco, una carogna». Insulti seguiti a stretto giro dal lancio di regolamenti e volumi vari.

Ai tempi la mira non difettava, Ruini si ritrovò subito con uno squarcio in testa e sanguinante. Il tapino provò a seguire l’esempio fugace degli stenografi. Niente da fare: fu bloccato e ricondotto sul patibolo, pardon sullo scranno del presidente, dal Dc Tupini, fedelissmo di De Gasperi. Il quale, invece, il campo di gazzarra l’aveva abbandonato per tempo, lasciando di vedetta il vicesegretario Andreotti. Col cestino della carta a mo’ di elmo per proteggersi dai colpi.

Per la verità pare che ad avviare la gara di tiro al presidente fosse stato un vero padre della Patria, Emilio Lussu, tipo sanguigno.

Il primo a montare sui banchi per scagliare un volumone contro Ruini per poi precipitarsi, nonostante i 60 e passa, di fronte all’ex compagno di Partito repubblicano Ugo La Malfa e appioppargli uno sberlone che lèvati. La cosa fece scandalo, ma fino a un certo punto. Giusto in quel momento il Dc Randuccio, preso a cazzottoni da un senatore rosso, si accasciava esanime sui banchi, mentre Randolfo Pacciardi grondava sangue come nel più efferato splatter.

Fossero stati solo i lanci. Macché! I senatori dell’opposizione mulinavano cazzotti che era una meraviglia. I commessi, poveracci, ci provavano a fare muro, ma serviva a poco. Il medesimo vicepresidente Scoccimarro li sorvolò come uno stambecco, seguito a breve dal focoso Berlinguer padre (senatore Psi). Un audace drappello comunista era intanto riuscito ad aggirare le difese e lì sì che i commessi se la videro bruttissima. Per difendere il malcapitato Ruini toccò erigere una barricata con le voluminose poltrone di velluto rosso.

Erano militanti di tempra diversa da quella di oggi, i senatori comunisti e socialisti di allora. L’opposizione la prendevano sul serio, ci si impegnavano con l’anima e in certi casi soprattutto col corpo.

Nessuno, a tutt’oggi, è riuscito a indicare con certezza l’identità del senatore rosso che tentò l’arrembaggio alla presidenza arrampicandosi come un quadrumane. Per ricondurlo a terra di commessi ce ne vollero ben dodici. Altri tempi.

In aula la rappresentanza femminile scarseggiava. però le poche rappresentanti del popolo ci davano sotto quanto i maschi, e non si facevano commuovere dalla galanteria. Quando un cavalleresco Dc, vedendo una bolscevica al centro della mischia, corse a salvarla, al posto dell’atteso ringraziamento si ritrovò stampata in faccia una cinquina.

Ma Napolitano ha perfettamente ragione: quella non era gazzarra, quella era davvero una sacrosanta espressione di democratica indignazione e di opposizione dura, decisa a non fare sconti.

Così, dopo il severo monito del re, si può sperare che qualcuno degli esangui senatori d’oggi si vada a ristudiare quell’epica seduta. Mossa per mossa. Lancio per lancio. In fondo, giusto nella stessa aula, sta per di nuovo per andare ai voti una legge elettorale, stavolta super-truffa. Vedi mai…