Nel vedere le numerose serie in costume prodotte dalla BBC, o la suntuosa e intrigante Berlin Babylon o i Misteri di Parigi, ovvero produzioni europee di buon livello, si finisce per rimpiangere gli sceneggiati RAI di un tempo, ma l’adattamento de L’amica geniale, prodotto Wilside-Fandango si allinea ora con queste produzioni internazionali, destinate in questo caso al mercato servito da HBO, RAI Fiction, oltre che a un’uscita in sala. Con una differenza, che non si tratta di testo edificante, o di un modello tradizionale e popolare, ma di un romanzo, nato si’ «a puntate» coi suoi 4 volumi, profondamente legato a Napoli da un rapporto però di odio e amore, abitato da personaggi talvolta inquietanti e percorso da sentimenti contradditori, femminista fino ad apparire quasi misogino.

Come accettare infatti la sgradevolezza meschina della mamma di Lenù o la tirata realista quanto crudele della maestra, che inserisce la famiglia di Lila in una plebe senza redenzione?
La Mostra del Cinema di Venezia, confermando l’apertura verso le piattaforme, oltre che il tradizionale legame con la RAI, ha presentato i primi due episodi, tratti dal primo volume, appunto L’amica geniale. Diretto da Saverio Costanzo, il testo è stato adattato dalla Ferrante, assistita da Francesco Piccolo, Laura Paolucci e da Costanzo stesso, con Paolo Sorrentino e Jennifer Schuur come produttori esecutivi. Non essendo possibile ricostruire la vita del quartiere negli anni Cinquanta, esso è stato costruito per intero con un set gigantesco, nei dintorni di Napoli. In questa mega-produzione anche il casting delle due bambine e poi delle due adolescenti, e dei numerosi personaggi di contorno che seguiamo da piccoli ad adulti, ha richiesto otto mesi di provini.

L’essere diventato bestseller internazionale, circondato dall’incessante blabla intorno all’identità misteriosa (ma non più tanto) della scrittrice, ha fatto sì che per L’amica geniale di Elena Ferrante si siano messe in secondo piano le qualità letterarie di un testo, che attraversa la storia socio-culturale e politica italiana dagli anni Cinquanta a un oggi imprecisato e una geografia italiana dalle periferie del Sud alle università di prestigio del centro-nord. con percorsi perversi di mobilità sociale, che confermano il classismo immobilista del paese, nei destini delle due amiche Lenù e Lila, legate dalla competizione quanto da un affetto viscerale, e proposte nella serie ancora bambine da Elisa Del Genio e Ludovica Nasti, attrici nate. Mentre le vicende si snodano, assecondando con notevole fedeltà il racconto del primo volume, alcuni commenti della voce narrante salvaguardato il valore letterario del testo e l’ambiguità anche morale, dello sguardo.

Al centro della vita economica e sociale del quartiere il camorrista Don Achille, interpretato dall’ottimo Antonio Pennarella, uno dei «cattivi» di Un posto al sole e di numerosi altri film incentrati sulla criminalità meridionale, purtroppo deceduto di recente.Un collega straniero dopo la proiezione dei due episodi, si domandava come mai ci fosse tanta violenza in una storia di ragazzine napoletane e rilevava il ruolo di deus ex machina di Don Achille. Per uno strano caso (?) nello stesso giorno al Lido si proiettava Camorra di Francesco Patierno.

Questo documentario è una compilation di materiali delle Teche RAI, e propone una ricostruzione storico-cronologica di vicende di camorra, inclusi lunghi brani di interviste a Raffaele Cutolo, in grado di dare senso e sostanza alla figura di Don Achille. Come voce narrante Patierno ha scelto Meg, dei 99 Posse, che ha composto anche la canzone dei titoli di coda Corona di spine. È la sua voce quindi che legge alcuni commenti duri quanto storicamente accertati sulla camorra come mediazione politico-sociale tra istituzioni conniventi e una «plebe» con tutti i diritti di ribellarsi, tratti dal testo di Isaia Sales La camorra, le camorre.