La motocicletta e il profilo del Vesuvio: fumi, movimento e una percepibile inquietudine accomuna questi elementi che diventano centrali nella copertina di Seeing Naples: Reports from the Shadow of Vesuvius (Edgewise Press). A realizzarla è lo stesso Daniel Rothbart (Stanford, California 1966, vive a Brooklyn, NY), da un’idea di Francine Hunter McGivern.

NELLO SLANCIO ROBOANTE verso un futuro intriso di passato c’è quel senso di immortalità e d’impavida eterna giovinezza che sono una proiezione dell’idea stessa del viaggio. Il libro (in italiano «Vedere Napoli: reportage dall’ombra del Vesuvio») è anche questo – un po’ memoir, un po’ Baedeker sulle rotte del Grand Tour – nel suo essere fedele a diverse suggestioni (incluse quelle cinematografiche nella citazione del cult L’oro di Napoli), ma anche fonte di spunti che si svincolano dal limite cronologico, portando il lettore nel caleidoscopico affresco di una Napoli brillante e contraddittoria. La città partenopea – come pure l’isola di Capri, la Reggia di Caserta e Matera, a cui l’autore dedica dei passaggi non meno stimolanti – è molto cambiata rispetto a quella che si materializza nei ricordi (mai edulcorati) dell’autore, che vi soggiornò nei primi anni ’90, con una borsa di studio per approfondire la scultura barocca napoletana e la volontà di sviluppare un corpus di nuove opere.

«Rothbart è prima di tutto artista visivo – scrive il critico Wayne Koestenbaum nell’introduzione di Seeing Naples che definisce ’allo stesso tempo una performance e la testimonianza di una performance’ – ma i suoi incontri visivi possono prendere la forma di fotografie, collage digitali, sculture d’alluminio, manoscritti, progetti di ricerca, riti, video, manufatti di bronzo e terracotta, atmosfere luminose». Forme in cui s’innescano anche elementi di cultura ebraica, ma che sfuggono ad una rigida classificazione: è lo stesso Rothbart ad aver coniato per il suo lavoro la definizione di Semiotic Street Situations.

NON APPENA ARRIVA a Napoli capisce che le due ruote sarebbero state il mezzo migliore per muoversi, così a Capri acquista un ciclomotore di seconda mano, impratichendosi nella guida in una manciata d’ore e con incosciente disinvoltura si lancia su e giù alla scoperta dell’anima più autentica della città. Un soggiorno attraversato da consuetudini che si rinnovano: la tazzina bollente di caffè nero e il rituale delle chiacchiere. Il resto è una collezione di sguardi, d’incontri. Storie che rivivono nelle pagine del libro, accompagnate dalle fotografie scattate dall’autore a cavalcioni di Rocinante (questo è il nome del ciclomotore) – per scelta editoriale sono in bianconero – che s’inseriscono nel suggestivo repertorio di «souvenir» napoletani: incisioni settecentesche, cartoline époque e memorabilia vari.

I SUOI SCATTI LASCIANO trapelare il fascino per una quotidianità teatrale dove la vita e la morte si prendono per mano, come la donna che cala il cestino dal balcone della sua abitazione al primo piano di una palazzina del dopoguerra, davanti alle saracinesche abbassate dei negozi con il venditore di palloncini poggiato alla 126 parcheggiata o magari gli interni del secentesco ossario di S. Maria alle Fontanelle con i suoi teschi delle vittime delle epidemie di peste e colera.
Un periodo denso di esperienze in cui il giovane Daniel si lascia guidare dall’intuito. A volte, la casualità lo porta a fermarsi nei luoghi che sono testimoni di storie importanti, come quando entra nella chiesa di S. Maria del Carmine dove per un certo periodo riposò il corpo di Tomaso Aniello (Masaniello), poverissimo pescivendolo che nella sua breve vita divenne un eroe popolare, capitanando la rivolta contro gli spagnoli ma fu anche vittima del suo stesso personaggio.

ALTRE VOLTE SONO AMICI come Riccardo Notte, Eleonora Carpentieri, Francesco Lucrezi, Maria Roccasalva, Anna Del Giudice a fargli da chaperon nel dedalo di aneddoti e storie che svelano lati meno conosciuti della città, come quelle sugli ebrei sefarditi con la sinagoga inaugurata nel 1864 a Palazzo Sessa.
Tra gli incontri, volti noti e sconosciuti: l’ex sindaco-pittore Maurizio Valenzi, Wilhelm Reiter (alias Guglielmo Cavallero), ebreo viennese sfuggito ai Nazisti, Egidio Balestrieri nel suo laboratorio di saldatura e andando indietro nel tempo Raimondo di Sangro, Eleonora de Fonseca Pimentel. Tanti colori, tra i mille cantati da Pino Daniele.