Una città in piena emergenza sociale, Napoli, dove la povertà e la disoccupazione sono a livelli di allarme, la rabbia spesso esplode in modi violenti e insensati, come gli attacchi razzisti ai migranti, questo mese particolarmente violenti. A Forcella, Henry Kwasuc, della Nigeria, è stato colpito a una gamba da una pallottola. È andata meglio a S. B. C., trentenne senegalese: due ragazzi a via Duomo gli hanno sparato senza centrarlo. Aggressioni avvenute di sera, in un centro storico meno affollato del solito ma non deserto. S. B. C. ha avvisato la polizia che ha effettuato un sopralluogo ma ha evitato la denuncia: meglio non esporsi visto che la possibilità di prendere i balordi è prossima allo zero. Come lui, altri hanno raccontato di essere stati sfiorati da pallottole. «Rapinatori in cerca di un bottino facile, quello che si vuole divertire con gli amici facendo fuoco con la pistola, lo sballato senza controllo: trovi tutte le tipologie possibili nelle aggressioni a migranti perché vengono considerati vittime ideali – spiega Gianluca Petruzzo, dell’associazione 3Febbraio -. Gli aggressori pensano che, non avendo il permesso di soggiorno, non andranno in questura, che nessuno della zona andrà a denunciarli. Le affermazioni dell’ex ministro Calderoli danno la copertura a chiunque per sfogarsi». Così, racconta Gianluca, alla Stazione centrale, nei dintorni di piazza Garibaldi e a Porta Nolana gli ambulanti, soprattutto bengalesi, senegalesi e pachistani, vengono regolarmente derubati dell’incasso della giornata. Poi ci sono le aggressioni, le provocazioni, che terminano spesso con il pestaggio, oppure con la minaccia a mano armata, fatta dal branco. A Porta Nolana però c’è anche una moschea, lì si è verificata un’aggressione a bengalesi finita con l’accoltellamento. Da quelle parti Forza Nuova fa proselitismo, tra le pieghe potrebbe insinuarsi la xenofobia. L’associazione 3Febbraio sta organizzando per settembre un’assemblea con le realtà antirazziste, in prospettiva la volontà di creare un osservatorio. Chiamano in causa anche il cardinale Crescenzio Sepe e il sindaco Luigi De Magistris, che ieri ha chiesto a forze dell’ordine e magistratura di fare chiarezza. Napoli non ha il razzismo nel suo dna ma è una città complicata, dove è facile reperire le armi e il livello di violenza, di pari passo con la povertà, sta salendo di nuovo, come negli anni ’80. Solo che oggi è in via di smantellamento sia il welfare formale che quello informale del vicolo. Saltano i codici, anche quelli malavitosi. Quello che è successo le scorse settimane, del resto, ha un precedente. Ad agosto del 2005 fu ucciso il senegalese Ibrahim Diop, assassinato dal diciannovenne Gennaro Caldore: era in coda in un call center di via Cesare Rosaroll con altri connazionali, il ragazzo napoletano era con dei coetanei, volevano spaventarli. Sarebbe rimasto l’ennesimo caso irrisolto se l’indignazione generale e una manifestazione di migranti e napoletani non avesse messo pressione sulle forze dell’ordine. Il colpevole fu rapidamente trovato, era in vacanza al mare: «Non lo volevo ammazzare, ma dopo che ci eravamo avvicinati, quello mi guardava fisso, non si metteva paura» fu la spiegazione.